La Georgia, avamposto USA in Caucaso

Un anno e mezzo dopo l’offensiva delle forze armate georgiane contro la provincia secessionista dell’Ossezia del Sud, a cui seguì la rappresaglia dei carri armati e dei cacciabombardieri russi contro le basi militari e la popolazione della Georgia, nel Caucaso tornano a soffiare i venti di guerra. A riaccendere le tensione tra la Russia e la ex repubblica sovietica divenuta la più fedele alleata degli Stati Uniti nella competizione per il controllo delle fonti petrolifere e degli oleodotti del Mar Nero e dell’Asia centrale, la firma di un accordo tra Mosca e l’Abkhazia per la realizzazione di una base capace di ospitare sino a 3.000 militari russi all’interno di questa seconda regione proclamatasi indipendente dalla Georgia.

La stipula dell’accordo è stato duramente commentato dalle autorità di Tbilisi che hanno minacciato gravi ritorsioni contro l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud. La nuova installazione russa segue però la proliferazione di un gran numero di piccole e medie infrastrutture militari, porti e aeroporti, finanziati e realizzati in Georgia dalle forze armate USA. A partire dal mese di gennaio di quest’anno, ad esempio, sono divenute pienamente operative tre stazioni radar per il controllo dello spazio aereo georgiano e l’identificazione delle unità navali in transito nelle acque del Mar Nero. Ognuna di esse è costata al Pentagono circa 550.000 dollari, richiedendo tre anni di lavori sotto il coordinamento dell’US Army Corps of Engineers, il corpo d’ingegneria dell’esercito statunitense di base in Europa. Le tre stazioni radar sono state realizzate a Gonio (vicino al confine con la Turchia), a Chakvi (nella costa georgiana sul Mar Nero) e ad Anaklia, nella regione settentrionale del paese. “Queste installazioni operano come strumenti per il rafforzamento delle capacità georgiane nel prevenire, fare da deterrente e individuare il contrabbando di sostanze stupefacenti, il traffico illegale di armi, la migrazione illegale di persone ed eventuali minacce terroristiche”, ha dichiarato James Kelly, responsabile del Georgia Border Security and Law Enforcement (GBLSE), lo speciale programma del Dipartimento di Stato di assistenza alla difesa e al rafforzamento istituzionale della Georgia. “Abbiamo portato a termine il piano internazionale finalizzato ad aiutare un alleato chiave degli Stati Uniti nella protezione delle sue frontiere marittime. Inoltre il GBSLE fornisce alle forze di polizia e ai militari georgiani attrezzature di telecomunicazione, sorveglianza ed intelligence, veicoli, elicotteri ed equipaggiamento per impedire, tra l’altro, l’importazione o il trasporto di armi di distruzione di massa e il traffico illegale di materiali radioattivi”.
 
Le tre nuove stazioni radar si aggiungono ad altre 15 infrastrutture militari, in buona parte postazioni e centri di osservazione e controllo delle frontiere, realizzate in Georgia a partire del 2003 dall’US Army Corps of Engineers. Tra esse spiccano in particolare una grande caserma con annessi deposito munizioni e officine di manutenzione veicoli realizzati nelle vicinanze del cosiddetto Red Bridge, il principale posto di frontiera con l’Azerbaijan (costato al Pentagono 7 milioni di dollari), la “stazione di controllo” e un grande poligono di tipo coperto per l’addestramento all’uso di armi leggere nella regione montagnosa di Kazbegi, al confine con la Russia (costo 2,4 milioni di dollari). Il Corpo d’ingegneria dell’esercito USA ha pure ristrutturato gli hangar e l’area di parcheggio velivoli dell’aeroporto internazionale di Tbilisi e ha completato la realizzazione a Bitumi di un “laboratorio specializzato” per la Guardia coste georgiana, di una facility per la forza navale nel porto di Poti e di una stazione di telecomunicazioni a Lilo. Sono in via di completamento, inoltre, i lavori di riparazione dell’arsenale militare di Poti e di costruzione di una infrastruttura per l’addestramento della guardia doganale a Lilo. Questi ultimi progetti sono stati finanziati grazie alla nuova iniziativa di assistenza per la “Sicurezza e il controllo delle esportazioni e dei confini georgiani”, voluta dal Dipartimento di Stato.
 
Nel giugno 2009 è stata pure inaugurata un’accademia di polizia alla periferia di Tbilisi; si tratta della più grande e moderna infrastruttura di questo genere di tutto il Caucaso ed include un’area di addestramento di 10.000 metri quadri, alloggi collettivi per 250 reclute e palestre per oltre 4.000 metri quadri. Costata 2,1 milioni di dollari, l’accademia è stata finanziata grazie all’“International Narcotics and Law-Enforcement (INL)”, l’ambiguo programma di “aiuti” contro il narcotraffico che il Dipartimento di Stato ha implementato pure in Ucraina, Kosovo, Afghanistan, Pakistan, Iraq, Colombia, Perù e Bolivia. “L’infrastruttura è finalizzata a sostenere il programma di professionalizzazione delle forze di polizia georgiane per sostenere nel paese la democrazia, rafforzare l’economia di mercato e sviluppare la stabilità sociale e politica e la lotta al crimine organizzato”, ha spiegato Jon Trumble, a capo dell’US Bureau of Customs and Border Protection che opera in Georgia dal 1997, anno in cui ha preso il via l’aiuto militare statunitense all’ex repubblica sovietica. “La Georgia necessita di una forza di polizia nazionale capace e dedita alla protezione dei cittadini e delle loro proprietà”, ha aggiunto Trumble. “Grazie ai fondi dell’INL, il nostro personale militare e di alcune agenzie di sicurezza come Fbi e Dea, è impegnato nella pianificazione delle operazioni e nell’addestramento sul campo della polizia, della guardia coste e delle pattuglie di controllo delle frontiere georgiane”.
 
Parallelamente prosegue lo sforzo finanziario di Washington a favore del potenziamento delle capacità offensive delle forze armate georgiane. I reparti nazionali sono stati dotati dei sistemi d’arma più sofisticati, grazie principalmente al “Georgia Train and Equip Program”, il programma avviato dal Pentagono nel 2002. Periodicamente vengono dislocati nel paese reparti dell’esercito, della marina e dell’aeronautica statunitense per partecipare ad esercitazioni congiunte con le forze armate georgiane. L’appuntamento annuale più importante è il ciclo di addestramento interforze denominato “Immediate Response”, a cui partecipano pure reparti di altri paesi NATO. L’edizione più imponente si è tenuta nel luglio 2009, proprio alla vigilia della grave crisi militare russo-georgiana: ad essa hanno preso parte un migliaio di militari statunitensi provenienti dal Corpo dei Marines, dalla brigata aviotrasportata dell’US Army con base a Vicenza e dal 21st Theater Sustainment Command di Kaiserslautern (Germania). Centro operativo dell’esercitazione la grande base aerea di Vaziani, nei pressi della capitale georgiana, poi duramente bombardata dai caccia russi nell’agosto 2009. Secondo i portavoce del Pentagono, nessuno dei militari USA partecipanti ad “Immediate Response” era presente in Georgia allo scoppio delle ostilità, ma qualche tempo dopo, il Comando delle forze armate Usa in Europa (Useucom), ha ammesso la presenza nel paese di 92 militari e 35 contractor statunitensi, “utilizzati per l’addestramento dell’esercito georgiano alle operazioni in Iraq”. La Georgia ha infatti assegnato alla coalizione internazionale operante in Iraq 2.000 uomini, il terzo maggiore contributo militare dopo Stati Uniti d’America e Gran Bretagna.
Mentre il ruolo assunto dal distaccamento Useucom nel breve conflitto con la Russia è rimasto top secret, ampia visibilità è stata data dal Pentagono al trasferimento in Georgia di mezzi navali e aerei a “protezione” della popolazione civile e per il trasporto di “aiuti umanitari”. Nel quadro di una vasta operazione diretta dal Comando delle forze navali USA in Europa di stanza a Napoli, sono state inviate in Georgia alcune unità della VI Flotta operanti nelle acque del Mediterraneo, tra cui, in particolare, la nave ammiraglia USS Mount Whitney, con base a Gaeta, e il cacciatorpediniere McFaul che, congiuntamente a tonnellate di kit igienici e alimenti, trasportava una decina di missili da crociera Tomahawk a doppia capacità, convenzionale e nucleare. Numerosi aerei cargo C-40 “Clippers”, C-130 “Hercules” e C-17 “Galaxi” hanno raggiunto la Georgia dalle basi europee di Ramstein (Germania) e Sigonella (Sicilia), trasportando “aiuti” in buona parte sdoganati dal grande deposito dell’US Army di Camp Darby (Pisa). Per il ponte aereo con la Georgia, l’US Navy ha anche rischierato nella grande stazione aeronavale siciliana gli uomini e i velivoli del Fleet Logistics Support Squadron 59 (VR-59), di stanza a Fort Worth, Texas.
 
Due mesi dopo la cessazione dei combattimenti, la base aerea di Vaziani è stata rioccupata dalle forze armate USA per lo svolgimento – in abbondante anticipo – dell’edizione 2010 dell’esercitazione “Immediate Response”. Pianificata e diretta dal 21st Theater Sustainment Command e dal Joint Multinational Readiness Center dell’esercito USA di Hohenfels, Germania, l’operazione veniva giustificata da Washington con l’esigenza di “migliorare le capacità operative delle forze militari georgiane in vista del loro dispiegamento in Afghanistan a supporto dell’operazione Enduring Freedom”.
 
Aericolo pubblicato in Agoravox.it il 19 febbraio 2010

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