Fratelli ingombranti nelle logge di Barcellona P.G.

Maurizio Marchetta era l’enfant prodige della politica e dell’imprenditoria locale, perlomeno sino alla deflagrazione dell’inchiesta "Omega", nel luglio 2003, quella sullo strapotere della criminalità organizzata nella realizzazione delle opere pubbliche nella provincia di Messina.
Architetto, titolare dell’impresa di costruzioni Cogemar, nel 2001 Marchetta ascese alla vicepresidenza del Consiglio comunale di Barcellona Pozzo di Gotto in rappresentanza di Alleanza Nazionale, il partito del senatore Domenico Nania, barcellonese.
 
Due anni dopo la tempesta giudiziaria e un’accusa per l’imprenditore-consigliere di «aver fatto parte di un’associazione a delinquere finalizzata alle turbative d’asta». Il profilo tutt’altro che lusinghiero su Marchetta sarà tracciato nel 2006 dai componenti della Commissione incaricata dalla Prefettura di Messina di verificare eventuali infiltrazioni mafiose nella gestione del Comune di Barcellona. I commissari, in particolare, oltre ai procedimenti penali che lo vedevano coinvolto, segnalarono «gli stretti rapporti di cointeressenza esistenti» con Salvatore “Sem” Di Salvo, pluripregiudicato ai vertici dell’organizzazione mafiosa del Longano, e le «documentate condotte agevolatrici volte ad introdurlo nella casa comunale per permettergli di sbrigare con facilità e speditezza qualunque tipo di pratica amministrativa».
 
Del politico-imprenditore furono inoltre evidenziate le frequentazioni con altri due personaggi di spicco della criminalità barcellonese, Giovanni Rao e l’avvocato Rosario Pio Cattafi, tessitore quest’ultimo oggi di una imponente operazione speculativa, la realizzazione di un Parco commerciale di 18,4 ettari alla periferia di Barcellona P.G..
 
Da un anno a questa parte Maurizio Marchetta ha deciso di rispondere alle domande degli inquirenti. La Procura preferisce definirlo un “dichiarante”, ma i suoi racconti hanno scatenato un vero e proprio terremoto tra la classe politica dirigente, gli imprenditori e i vecchi e nuovi reggenti delle cosche. Grazie a Marchetta è scaturita l’indagine denominata “Sistema”, che all’inizio del 2009 ha portato all’arresto di Giuseppe D’Amico (boss emergente della famiglia barcellonese), Pietro Nicola Mazzagatti (a capo della famiglia di Santa Lucia del Mela) e Carmelo Bisognano (Mazzarrà Sant’Andrea).
 
Marchetta ha pure spiegato con dovizia di particolari il cosiddetto meccanismo regolatore del “3 per cento”, quanto cioè si deve pagare alla mafia per continuare a lavorare nella provincia di Messina. E si è soffermato sulle modalità di conduzione delle turbative d’asta nei pubblici appalti, illeciti resi possibili dall’esistenza di «un gruppo di imprenditori che adotta tale sistema su scala regionale e che fruisce sia di collegamenti con pubblici amministratori, sia con soggetti politici che svolgono una vera e propria funzione di referenti, sia con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata».
 
Maurizio Marchetta non ha risparmiato parole di fuoco contro uno dei sui principali referenti politici, il dottor Candeloro Nania (ex Msi, ex An, oggi Pdl), da una decade a capo dell’amministrazione comunale di Barcellona, cugino di primo grado del senatore Domenico Nania. A proposito del sindaco del Longano, Marchetta avrebbe raccontato «le forme di condizionamento determinate per imporre a privati proprietari terrieri, che hanno ottenuto grazie a lui l’aumento dell’indice di cubatura, le progettazioni e le successive costruzioni con professionisti ed imprenditori da lui stesso imposti».
 
L’architetto ha pure puntato il dito contro le logge e i templi “occulti” della massoneria, veri e propri centri dove sarebbe esercitato il potere del partito unico trasversale che regolerebbe la vita della fascia tirrenica del messinese. È stato grazie al dichiarante che la Squadra Mobile della Questura di Messina ha avviato un’indagine sulla Gran Loggia Ausonia, un’obbedienza “indipendente” fondata a Barcellona il 15 gennaio 2004. «Gli obiettivi che gli adepti si prefiggono non appaiono riconducibili alla conduzione di studi filosofici ed approfondimenti culturali», scrivono i dirigenti della Questura nella loro richiesta di perquisizione della loggia massonica.
 
Al contrario, i “fratelli” dell’Ausonia punterebbero «all’acquisizione ed al consolidamento di posizioni di vertice, nei contesti professionali e lavorativi in cui operano, ed incarichi presso strutture sanitarie che forniscono un bacino elettorale a cui attingere di volta in volta nelle competizioni amministrative e politiche, dietro cui staglierebbe, quale promotore e artefice ideatore, la figura del Senatore Domenico Nania». Per gli inquirenti, poi, «taluni di questi soggetti» risulterebbero aver mantenuto rapporti con «personaggi legati sia al mondo della politica che della criminalità organizzata barcellonese».
 
«A Barcellona vi sono tre logge massoniche “spurie” in quanto non sono riconosciute, ma forse sarebbe meglio definirle occulte», ha raccontato Maurizio Marchetta. «La gran parte degli appartenenti sono medici, soprattutto ospedalieri di Barcellona, poi ci sono informatori scientifici, avvocati, politici. I tre maestri venerabili ruotano ogni anno e ciascuno è alla guida delle singole logge».
 
Per il Marchetta, il senatore Nania avrebbe come «riferimento unico della massoneria barcellonese» il dottor Felice Carmelo La Rosa, maestro venerabile dell’Ausonia e primario al Pronto soccorso dell’ospedale “Cutroni Zodda” della città del Longano. «La Rosa è il più alto in grado che ha fondato questa loggia», ha dichiarato l’architetto. «Un suo fratello, di nome Sebastiano, è consigliere comunale a Barcellona in quota Pdl, mentre un altro fratello è cognato del consuocero del senatore Nania. Le tre logge massoniche spurie di Barcellona sono state trasferite all’interno di un appartamento ubicato in Piazza Marconi, in uno stabile di proprietà della famiglia La Rosa. In tale stabile vi sono anche gli uffici dello studio del commercialista Sebastiano La Rosa e dell’Agenzia di Assicurazioni gestita dal fratello Luigi La Rosa, che è cognato di Tindaro e Francesco Calabrese, soci e amministratori della CA.TI.FRA. Srl per averne sposato la sorella. Anche da qui si rafforzano i rapporti con la famiglia Nania».
 
Secondo Marchetta, proprio la società dei Calabrese farebbe parte del “tavolino” creato all’interno della sezione di Messina dell’associazione costruttori edili (ANCE) dal presidente Carlo Borella per pianificare e gestire l’aggiudicazione degli appalti d’importo consistente.
 
Figura complessa quella del venerabile Felice Carmelo La Rosa. «Dalla consultazione della Banca Dati Interforze SDI risultano a suo carico precedenti per infrazioni a norme comportamentali, falsità ideologica commessa in concorso dal pubblico ufficiale in atti pubblici, truffa in concorso», scrivono i dirigenti della Squadra Mobile. Ex consigliere ed assessore della Provincia di Messina in quota Forza Italia, Felice Carmelo La Rosa è stato tra i fondatori del sodalizio degli “Azzurri” nella città del Longano. Prima ancora aveva militato nell’arcipelago dell’estrema destra locale. Erano gli anni in cui missini, giovani del Fuan, ordinovisti e avanguardisti, spesso con doppia o tripla affiliazione, lanciavano assalti e rappresaglie all’interno dell’Università di Messina.
 
Una ventina di presunti attivisti neofascisti furono pure attenzionati dal pubblico ministero Vittorio Occorsio, poi assassinato. Tra essi c’era il La Rosa, l’allora dirigente nazionale del Fuan Gualtiero Cannavò (oggi avvocato civilista) e Giuseppe Alfano, il corrispondente da Barcellona del quotidiano “La Sicilia” barbaramente assassinato dalla mafia l’8 gennaio del 1993. Tre personaggi che negli anni a seguire avrebbero espresso valutazioni diametralmente opposte sui “valori” della fratellanza massonica. Felice Carmelo La Rosa e Gualtiero Cannavò entrarono a far parte del Grande Oriente d’Italia, il primo nella loggia “Fratelli Bandiera” di Barcellona, il secondo nella “Stretta Fratellanza” di Messina.
 
Giuseppe Alfano, invece, intraprese un’indagine sui presunti condizionamenti della vita amministrativa locale da parte di una loggia segreta, che, stando agli appunti ritrovati dopo il suo omicidio, avrebbe avuto tra gli affiliati il medico Antonio Franco Bonavita (fratello di Salvatore Bonavita, ingegnere capo dell’ufficio tecnico del Municipio di Barcellona) e l’ingegnere Antonino Mazza, il proprietario dell’emittente Telenews misteriosamente assassinato il 30 luglio 1993, che insieme ad Alfano era stato promotore della lista civica “Alleanza democratica progetto Barcellona” che partecipò alle elezioni comunali del 1990.
 
Altrettanto complessa la figura del germano del Maestro venerabile dell’Ausonia, Sebastiano La Rosa, consigliere comunale a Barcellona nella penultima legislatura (An-Msi) e cognato dell’odierno vicepresidente del consiglio Salvatore Schembri (Pdl-An). «Sul suo conto - si legge nella relazione della Commissione prefettizia sul mancato scioglimento per mafia del Comune del Longano - si rileva che l’8 gennaio 2000 è stato denunciato in stato di libertà dal Commissariato della Polizia di Stato, poiché resosi responsabile, in concorso con altri, del reato di accensione ed esplosione di cose pericolose; indagato in seno al procedimento penale n. 1871/99 - art. 171 L. 633/1941 (pirateria informatica), con sentenza 468/00 assolto per non aver commesso il fatto…».
 
Alla Questura di Messina risulta però qualcosa in più: «precedenti per contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell’ingegno, introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi, frode nell’esercizio del commercio in concorso, vendita di prodotti industriali con segni mendaci, ricettazione, porto abusivo e detenzione armi».
 
Nelle sue deposizioni, Maurizio Marchetta ha indicato il nome di alcuni presunti “fratelli” al vertice del circolo massonico Ausonia del Longano. «Appartengono a questa loggia il prof. Placido Conti, oggi uno dei venerabili, insegnante presso l’Istituto Agrario di Barcellona, attivista politico legato a Carmelo La Rosa e che mi risulta frequentare e recarsi assiduamente, negli ultimi tre anni, sia a Urbino sia presso al Repubblica di San Marino; il dottor Giorgio Maugeri, direttore dell’INPS di Milazzo; il direttore dell’Istituto Superiore di Agraria di Barcellona a nome Sebastiano Salvatore Messina, già in passato assessore al Comune di Barcellona nella prima giunta Nania, in quota Forza Italia; il prof. Roberto Meo, insegnante alle superiori cui ho fatto seguire il figlio di Salvatore “Sem” Di Salvo; Giuseppe Iacono, un informatore scientifico. Queste persone tengono riunioni rituali periodiche, generalmente due al mese, nel corso delle quali attuano le finalità della loggia. Che sono quelle di mettere a disposizione il rispettivo ruolo nei vari settori per aiutarsi reciprocamente e, soprattutto, per creare voti elettorali».
 
«L’attuale venerabile di una di queste logge che si chiama “Armonia” è Giorgio Maugeri», aggiunge Marchetta. «La loggia “Armonia” è dipendente da una sorta di “obbedienza”, sempre facente capo a Carmelo la Rosa che si chiama Gran Loggia Ausonia, sotto cui stanno le altre due logge. La carica di segretario della Gran Loggia Ausonia è attualmente ricoperta da Placido Conti. Posso precisare che la maggior parte delle persone da me indicate erano in precedenza iscritti ad un’altra obbedienza che credo si chiami “Principato delle Andorre”. Molti di questi ho saputo che sono stati raggiunti da un avviso di garanzia, ma non so per quale reato, ed in ragione di ciò sono transitati in queste logge occulte».
 
La Squadra Mobile di Messina ha accertato identità e curriculum vitae dei frammassoni tirati in ballo dal dichiarante. Giorgio Maugeri, ad esempio, è risultato essere stato iscritto in passato alla loggia massonica “Libertà” del Grande Oriente d’Italia, con sede a Messina; inoltre risulterebbero a suo carico «precedenti per reati in materia di prostituzione». Sebastiano Salvatore Messina, vicepreside dell’Istituto Professionale Statale per l’Agricoltura di Barcellona, «è subentrato alla guida dell’Assessorato al Bilancio, Finanze, Patrimonio e Autoparco del Comune di Barcellona al commercialista Luigi La Rosa, cugino dei germani Felice Carmelo e Sebastiano La Rosa, presidente dell’AIAS (Associazione Italiana Assistenza Spastici), sezione di Barcellona e attuale presidente dei Revisori dei conti della città del Longano».
 
Luigi La Rosa - si aggiunge - è stato «notato in diverse circostanze con soggetti mafiosi dell’hinterland barcellonese» ed è stato indagato nell’ambito dell’operazione “Gabbiani” per il quale il 13 luglio 2004 venne tratto in arresto il consigliere comunale Andrea Aragona, capogruppo di Forza Italia. La Rosa fu successivamente condannato a 3 mesi e 10 giorni di reclusione per voto di scambio, per aver ceduto a più elettori buoni benzina in occasione delle elezioni provinciali del 2003.
 
Nello stesso processo fu condannato ad una pena lievemente maggiore (sempre per l’accusa di voto di scambio nonché per turbata libertà degli incanti), Pietro Arnò, un imprenditore «legato al clan mafioso barcellonese», con cui il “fratello” Sebastiano Salvatore Messina è risultato essere stato in «interessanti rapporti personali, lavorativi e politici» prima della sua prematura scomparsa. Secondo l’accusa, Andrea Aragona, in concorso proprio con Pietro Arnò, avrebbe usato minaccia per costringere il dirigente del Comune di Barcellona Salvatore Bonavita a commettere una serie indeterminata di reati di falso in atto pubblico e di abuso in atti d’ufficio a vantaggio della Cooperativa “Libertà & Lavoro” di cui lo stesso Aragona era presidente. Nel novembre 2003, Pietro Arnò scampò miracolosamente ad un agguato mortale: due persone, rimaste ignote, gli spararono con un fucile all’uscita della sua abitazione di Spinesante, attingendolo alla regione temporale sinistra.
 
«Faccio parte della massoneria e quindi, per forza di cose, conosco anche i massoni occulti che riconoscono noi in quanto rituali, metodi e simboli distintivi sono comuni», ha ammesso Maurizio Marchetta. Dopo essere stato iscritto alla storica loggia “Fratelli Bandiera” del Grande Oriente d’Italia, l’imprenditore è però transitato nella “Eugenio Barresi” del GOI, loggia fondata nel febbraio del 2009 ed intitolata all’ex veterinario capo provinciale ed ex socio della squadra di calcio dell’“Igea Virus”, deceduto qualche anno fa in un incidente stradale.
 
Odierno Gran Maestro della “Eugenio Barresi” è Salvatore Tafuro, ex dirigente del Commissariato di Pubblica sicurezza di Barcellona e della squadra mobile di Reggio Calabria. «Abbiamo deciso di costituire questa loggia perché in quella dei “Fratelli Bandiera” venne ammesso contro la mia volontà e quella di altre persone tale Domenico Sindoni, figlio del noto Giovanni Sindoni, nominato con l’intervento del senatore Nania direttore sanitario dell’ospedale “Cutroni Zodda”», ha spiegato Marchetta. «Aggiungo che non appena è entrato Sindoni, il dottor Sergio Scroppo è diventato primario di anestesia dell’ospedale di Barcellona ed il dottor Bruno Magliarditi, medico di Milazzo portato da Sindoni, è diventato primario del reparto di ginecologia ed ostetricia del “Cutroni Zodda”». Magliarditi, tra l’altro, è primario del reparto di neonatologia del nosocomio di Milazzo.
 
Per Marchetta, dunque, l’ingresso in massoneria del direttore sanitario dell’ospedale di Barcellona avrebbe generato la diaspora di numerosi “fratelli”. Candidato alle ultime elezioni amministrative con la lista di Forza Italia, Domenico Sindoni risulta avere «precedenti per violazioni norme prevenzione infortuni lavoro in concorso ed altre violazioni in materia di lavoro». Ma ciò non può essere stata la causa dello scarso entusiasmo manifestato da certi adepti della “Fratelli Bandiera”. Esso, invece, sarebbe da imputare al “peso” esercitato dal padre, il pregiudicato Giovanni Sindoni. Già presidente della società calcistica “Nuova Igea S.p.A.” (poi “Igea Virtus di Arnò Pietro & C.”), Sindoni è tra i maggiori autotrasportatori ed imprenditori agrumari siciliani.
 
«Allo stato attuale, è considerato uno dei più avviati e facoltosi imprenditori di Barcellona», scrivono i dirigenti della Squadra Mobile di Messina. «Pur avendo, sino al 1981, pendenze per emissioni di assegni a vuoto, nel volgere di pochi anni, Giovanni Sindoni riesce a promuovere ed avviare numerose attività imprenditoriali, accumulando con estrema rapidità una ingente ricchezza». Già coinvolto in inchieste per truffe miliardarie a danno dell’A.I.M.A., il “re delle arance” è ritenuto «soggetto legato alla organizzazione mafiosa barcellonese», in «ottimi rapporti» con il boss Giuseppe Gullotti (una condanna definitiva quale mandante dell’omicidio del giornalista Alfano) e con Luigi “Gino” Ilardo, affiliato alla cosca catanese di Benedetto Santapaola, nonché cugino del boss nisseno Giuseppe “Piddu” Madonia, ucciso in un agguato a Catania il 10 maggio 1996.
 
Nell’indagine sul presunto ruolo assunto dal Santapaola per il delitto Alfano, poi definitivamente archiviata, fu anche vagliata la posizione del facoltoso imprenditore come possibile altro mandante dell’omicidio. Nella iniziale prospettazione d’accusa, il giornalista sarebbe stato ucciso perché aveva scoperto il coinvolgimento del boss catanese nelle truffe relative alle sovvenzioni in campo agrumicolo, realizzate appunto dal Sindoni. Erano state le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Maurizio Avola a fornire lo spunto per quelle indagini. «Il vero mandante dell’omicidio di Beppe Alfano, si chiama Sindoni», ha raccontato Avola ai magistrati. «Sindoni è un potente massone che conosce tutta la magistratura, quella corrotta logicamente: ha importanti amicizie al Ministero e un po’ ovunque. Poi, tantissimi giri di soldi insieme ai Santapaola, ai barcellonesi, ai messinesi, nel traffico delle arance. L’omicidio scaturisce perché il giornalista aveva capito chi era il vero boss nella sua zona e che amicizie avesse questa persona, un vero intoccabile». Ancora la massoneria dunque. E ancora l’omicidio Alfano.
Articolo pubblicato in Agoravox,it il 5 febbraio 2010

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