Altri droni italiani per le infinite guerre mediorientali
I più
moderni aerei senza pilota made in Italy
alle belligeranti petromonarchie arabe. Durante il Farnborough International
Airshow in corso in Gran Bretagna, i manager della holding militare-industriale
Leonardo-Finmeccanica hanno comunicato che un numero imprecisato dei droni “Falco
Evo”, la versione evoluta del sistema a pilotaggio remoto Falco, saranno
consegnati a due misteriosi paesi, “rispettivamente del Medio Oriente e della
regione del Golfo”.
“L’azienda
italiana non ha voluto fornire I’identità dei clienti ma ha spiegato che essi
già operano con i velivoli Falco”, ha riferito l’agenzia specializzata
statunitense Defense News. “Dato che
ad oggi, i paesi e le organizzazioni internazionali che hanno acquistato i Falco
sono Giordania, Arabia Saudita, Pakistan, le Nazioni Unite e il Turkmenistan, è
presumibile che i due nuovi clienti dei Falco Evo siano le forze armate di Arabia
Saudita e Giordania”.
Il controverso
regno saudita siglò un primo accordo con Finmeccanica per l’acquisizione di
alcuni droni a medio raggio “Falco” il 13 luglio 2012 e i velivoli sarebbero utilizzati per operazioni
di sorveglianza e riconoscimento nel sanguinoso conflitto in Yemen. Con la
versione più evoluta del “Falco Evo” (quote di volo e velocità più elevate e
maggiori capacità di carico), è verosimile che i sauditi possano utilizzare i
droni italiani anche per vere e proprie operazioni d’attacco con missili
aria-terra. Per i bombardamenti contro obiettivi civili e militari in Yemen, la
petromonarchia saudita sta utilizzando bombe prodotte in Italia. La Rete italiana per il Disarmo che
ha presentato alcuni esposti per violazione della legge n. 185 del 1990 che
vieta l’export di armamenti a Paesi che si trovano in stato di conflitto armato,
ha documentato nell’ultimo anno almeno sei invii in Arabia Saudita di bombe prodotte
dalla fabbrica RWM Italia di Domusnovas (Sardegna), di proprietà della holding tedesca
Rheinmetall. Secondo i dati ufficiali del governo, il valore delle vendite
di armamenti italiani al paese arabo è passato da 163 milioni di euro nel 2014 a
258 milioni nel 2015.
Selex
ES, l’azienda di Leonardo-Finmeccanica che realizza i droni “Falco Evo”, opera in
Arabia Saudita da oltre tre decenni fornendo tecnologie avanzate nei settori
aereo, terrestre e spaziale, e più recentemente in aree quali quelle della
cyber security e della sicurezza delle informazioni, dei sistemi automatizzati
e di gestione del traffico aereo e navale, della “sicurezza del territorio e
della protezione delle infrastrutture critiche”. Entro la fine del prossimo
anno, inoltre, Leonardo-Finmeccaica fornirà alla Royal Saudi Air Force sei
sistemi per il controllo del traffico aereo di ultima generazione, di cui
tre fissi e tre trasportabili, ognuno dei quali composto da radar primario
e secondario, sistemi di comunicazione e centro di controllo. Thales Alenia
Space, la joint venture italo-francese del settore aero-spaziale, partecipata
al 33% da Finmeccanica, ha avviato negoziati in esclusiva con l’Arabia Saudita per
la fornitura di quattro satelliti, due di osservazione e due per le
telecomunicazioni militari, il cui valore potrebbe aggirarsi tra 2,5 e 3
miliardi di euro.
Ad accreditare invece l’ipotesi
del trasferimento dei “Falco Evo” alla Giordania, c’è il memorandum di
cooperazione e sviluppo industriale sottoscritto nel 2013 tra Finmeccanica, il King Abdullah Design and Development Bureau
(KADDB) e i massimi vertici delle forze armate giordane, tra i cui obiettivi
strategici c’è proprio la “promozione di tecnologie per la sorveglianza e dei sistemi
a pilotaggio remoto UAS”.
Il
“Falco Evo”, prodotto nello stabilimento di Selex ES di Ronchi dei
Legionari (Gorizia) e il cui primo volo sperimentale fu completato nel
luglio 2012 dalla base aerea di Cheshnegirovo (Bulgaria), è un sistema aereo a pilotaggio remoto in grado di
svolgere missioni di sorveglianza in ogni condizione meteo, a lunga
persistenza, fino a 20 ore e a una quota di volo di 6.000 metri (comparati ai
5.500 metri e 14 ore del Falco originario), con un raggio operativo di oltre
200 km e un carico utile fino a 100 kg. I droni sono dotati di sensori radar ad alta risoluzione che
sondano metro per metro il terreno inviando le immagini ai centri di comando
terrestri per una loro elaborazione. Sia
il “Falco Evo” che il “Falco” possono montare vari tipi di radar di produzione
Leonardo-Finmeccanica, tra cui il Gabbiano 20, il PicoSAR o il nuovo Osprey,
entrambi a scansione elettronica. Nella versione killer, il “Falco Evo” può portare sotto
le due ali più lunghe sino a un quintale di bombe o missili teleguidati.
I velivoli
possono essere dotati anche di speciali sensori NBC che consentono al personale
di terra di individuare possibili attacchi nucleari, biologici e chimici. I
sistemi “Falco” possiedono inoltre capacità totalmente automatiche di decollo e
atterraggio su piste semi-preparate e le stazioni di controllo a terra rispondono
ai requisiti NATO per la pianificazione delle missioni e l’utilizzo dei dati
acquisiti in ambito alleato.
Come
abbiamo visto, i velivoli senza pilota di Selex ES sono stati acquistati da
cinque clienti internazionali e svolgono attività di sorveglianza anche nell’ambito
di due missioni ONU nella Repubblica Democratica del Congo (MONUSCO) e in Mali
(MINUSMA). Per il Congo, le Nazioni Unite hanno sborsato nel dicembre 2013 una
cinquantina di milioni di euro per cinque “Falco”, due dei quali sono andati
perduti l’anno seguente a seguito di incidenti avvenuti nella
regione orientale del North Kivu, al confine con il Ruanda. In Mali, i “Falco” made in Italy sono stati
schierati dal luglio 2014 in numero di quattro nelle basi di Gao e Timbuctù
dove già operano elicotteri da guerra francesi e olandesi.
Il “gioiello” di guerra di
Selex ES è entrato pure a far parte degli arsenali delle forze armate del Pakistan.
L’ordine di venticinque velivoli senza pilota, un’unità di volo di riserva e
delle stazioni di controllo terrestri risale al giugno del 2008 e il trasferimento
dei droni in Pakistan ha preso il via nell’estate 2009. Il battesimo sul campo
è avvenuto in occasione della grande offensiva lanciata nella Swat Valley dalle
forze armate pakistane nell’autunno 2009: come ammesso dalle autorità militari
locali, i “Falco”, appositamente armati con missili a guida laser, furono
lanciati per localizzare e bombardare “tutti i tipi di obiettivi, inclusi
depositi munizioni, bunker, nascondigli e altre infrastrutture utilizzate dagli
insorti”. Secondo la testata britannica Inner City Press, uno dei droni è precipitato nel 2013 per un problema tecnico durante una
prova di volo nei pressi della base aerea pakistana di Mureed, ad alcuni
chilometri di distanza dal distretto di Mianwali, Punjab. Un analogo incidente
era accaduto qualche mese prima in Galles, durante un test del “Falco” Selex ES
dal
centro sperimentale droni di Parc Aberporth,
nei pressi dell’aeroporto di Ceredigion.
Dall’ottobre
2015, Selex ES e Avio Aero, società interamente controllata dal colosso
militare-nucleare statunitense General Electric hanno avviato una collaborazione con il CNR ITAE (Istituto di tecnologie
avanzate per l’energia) di Messina per lo sviluppo tecnologico di un propulsore ibrido
elettrico, destinato proprio a velivoli a pilotaggio remoto “Falco Evo”. La
collaborazione s’inserisce nell’ambito di un progetto del valore complessivo di
5 milioni di euro, finanziato attraverso l’accordo di programma quadro in
materia di ricerca Regione Puglia-MIUR e che vede come soggetto attuatore il
Distretto Tecnologico Aerospaziale pugliese che punta a trasformare lo scalo
aeroportuale di Grottaglie, Taranto, nella più grande base europea per la
sperimentazione aerospaziale dei droni a uso civile e militare. Dirigente di ricerca
del CNR ITAE di Messina è l’odierno vicesindaco della città dello Stretto,
l’ing. Gaetano Cacciola, già direttore del CNR ITAE sino all’estate 2013.
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