Colpo grosso dell’Eni in Costa d’Avorio ma i jihadisti vogliono partecipare al banchetto
C’è festa grande al quartier generale ENI di San Donato Milanese. Per l’holding del settore energetico a capitale pubblico si prospettano affari d’oro in Costa d’Avorio dopo la scoperta di vasti giacimenti di idrocarburi in un pozzo esplorativo off-shore. Un mese e mezzo fa le autorità governative ivoriane e il management di ENI hanno annunciato che nel blocco CI-101 di Baleine è stato scoperto infatti “olio leggero in due diversi intervalli stratigrafici”.
“Il
potenziale della scoperta di Baleine è stimato in oltre 2 miliardi di barili di
olio in posto e circa 2,4 trilioni di piedi cubi di gas associato”, riporta la
nota del gruppo italiano. “Dopo oltre 20 anni di esplorazione da parte
dell’industria nelle acque profonde del paese senza scoperte di natura
commerciale, il pozzo Baleine-1x ha testato con successo un nuovo play concept nel bacino sedimentario. Il
pozzo è stato perforato a circa 60 chilometri dalla costa, a circa 1.200 metri
di profondità con la nave di perforazione Saipem 10000 ed ha raggiunto una
profondità totale di 3.445 metri”.
Le
attività esplorative del blocco CI-101 di Baleine sono effettuate da una
joint venture tra ENI (90%) e la compagnia nazionale della Costa d’Avorio Petroci
Holding (10%). Nei prossimi mesi le
prospezioni si estenderanno ad un secondo blocco, il C1-802,
anch’esso dato in concessione alla joint venture. Nel 2019 le autorità di
Abidjan hanno firmato contratti esplorativi in quattro differenti blocchi con
l’ENI e con l’holding francese Total, per investimenti pari a 185 milioni di
dollari.
“La scoperta dei giacimenti in Costa d’Avorio segna un
momento assai significativo per il paese e l’intera regione, assicurando un
approvvigionamento energetico sostenibile che accelererà lo sviluppo socio-economico,
alleviando la povertà di energia e posizionando l’Africa come un leader globale
degli idrocarburi”, ha commentato con sin troppa enfasi NJ Ayuk, presidente
esecutivo della Camera per l’Energia del continente africano. “La scoperta
fatta da ENI nell’offshore della Costa d’Avorio è enorme. L’Africa è davvero la
frontiera finale dell’esplorazione di idrocarburi e le immense risorse del continente
devono far leva finanziaria su una forte e sostenibile crescita economica. Noi
siamo fiduciosi che l’ENI utilizzerà le migliori tecnologie per sviluppare
e operare in un ambiente a basse emissioni di carbonio. Invitiamo il governo e
le parti interessate ad avere un rapido approccio per sviluppare il campo in
modo da posizionare il paese tra i maggiori produttori di idrocarburi”.
Sino ad oggi la Costa d’Avorio ha ricoperto un ruolo
modestissimo nella produzione energetica (non più di 36.000 barili al giorno di
petrolio); dopo però aver riformato nel 2015 la legge per le concessioni
esplorative e di sfruttamento, assicurando maggiori introiti e riduzioni
fiscali alle transnazionali, sono stati identificati 51 blocchi in cui avviare
le attività di ricerca (in 4 di essi è già stata intrapresa l’estrazione; in 26
aree l’esplorazione, mentre i restanti 21 blocchi sono ancora in fase di negoziazione
con i gruppi petroliferi stranieri). La maggior parte delle aree esplorative
sono off-shore, nelle acque del Golfo di Guinea; oltre a ENI e Total, tra gli
investitori internazionali compare pure la britannica Tullow Oil.
Per
fare il punto sulle attività di ENI in Costa d’Avorio, il 1° ottobre
l’amministratore delegato Claudio Descalzi si è recato in visita ad Abidjan per incontrare il presidente Alassane
Ouattara, rieletto un anno fa per la terza volta consecutiva, dopo una violenta
campagna elettorale in cui hanno perso la vita negli scontri con le forze di
polizia un’ottantina di manifestanti.
All’incontro
in cui erano presenti anche il segretario generale della Presidenza,
Abdourahmane Cissé, il ministro delle Finanze, Adama Coulibaly e il ministro
delle Miniere, delle Risorse Petrolifere e dell’Energia, Thomas Camara, Claudio
Descalzi ha presentato i piani di delineazione e sviluppo del blocco di Baleine.
“Il Presidente Ouattara ha sottolineato la sua forte volontà politica di
sostenere gli investimenti e ha dichiarato che il pozzo Baleine-1x contribuirà alla produzione di energia in Costa
d’Avorio, rafforzando il ruolo del Paese come hub energetico regionale”,
riferisce l’ufficio stampa di ENI. “Oltre al blocco CI-101, il gruppo italiano
possiede una partecipazione in altri quattro blocchi nel deepwater ivoriano:
CI-205, CI-501, CI-504 e CI-802, tutti con lo stesso partner Petroci Holding. Sarà
inoltre avviata una collaborazione tra ENI Corporate University e la Scuola
Superiore del Petrolio e dell’Energia della Costa d’Avorio che aiuterà a
sviluppare competenze e capitale umano”.
Mentre
si sta espandendo rapidamente il mercato petrolifero e del gas e fioccano gli
investimenti da parte delle holding straniere, il paese dell’Africa occidentale
è colpito dall’escalation degli attacchi contro obiettivi militari e civili da
parte di gruppi jihadisti. Stanno aumentando anche gli attentati con
l’uso di ordigni esplosivi improvvisati: il primo nella storia del paese è avvenuto
l’1 aprile sulla strada tra Nassian e Kafolo,
a cui ne sono eseguiti altri ancora sulla stessa via di comunicazione e alla
periferia di Tehini. L’attacco più sanguinoso è avvenuto l’11 giugno scorso a un posto
di frontiera con il Burkina Faso: undici militari e un gendarme ivoriani sono
stati assassinati durante il blitz di un commando jihadista.
“Il trend in atto è la prova di uno sviluppo
preoccupate di come la violenza jihadista nel Sahel, specialmente in Mali e
Burkina Faso, continui a diffondersi verso sud minacciando gli stati costieri
dell’Africa occidentale”, scrive l’analista e ricercatore Caleb Weiss della Bridgeway Foundation di Galesburg, Illinois. “La recente
ondata di attacchi in Costa d’Avorio si è localizzata principalmente in due
distretti settentrionali del paese: Savanes e Zanzan. Entrambi confinano con il
Burkina Faso sud-occidentale, dove le unità del Group for Support of Islam and Muslims (JNIM), vicino ad Al Qaida,
si sono dimostrate sempre più attive. E’ soprattutto dalle basi JNIM in
Burkina Faso che partono le incursioni in territorio ivoriano”.
Come ha rilevato Africa Ex Press nelle settimane scorse, i gruppi
terroristi attivi in Burkina Faso potrebbero
essere interessati a penetrare nel parco nazionale Comoé, nella zona
nord-occidentale della Costa d’Avorio (confinante con il Ghana e i Burkina Faso),
per trasformare la riserva in una sorta di zona
grigia dove organizzare più facilmente altri nuovi attacchi nella regione.
Secondo il ricercatore William Assanvo dell’ISS (Istituto di Studi sulla
Sicurezza dell’Africa), la presenza di gruppi armati filo al-Qaida si starebbe tuttavia
radicando anche all’interno del territorio della Costa d’Avorio, lontano dalle
frontiere, con militanti di nazionalità ivoriana.
L’escalation
del conflitto ha accelerato il processo di militarizzazione delle regioni
settentrionali del paese e il rafforzamento della presenza da parte dei reparti
d’élite delle forze armate ivoriane. Dopo i primi attacchi registrati a Kofolo
nel giugno del 2020, lo Stato maggiore della difesa ha creato una zona
militare speciale al confine con il Burkina Faso, centralizzano in un
comando la gestione di tutte le operazioni nella regione. Insieme alle truppe burkinabé
sono state lanciate operazioni militari contro i jihadisti, la più
grande delle quali ha preso il nome di missione Comoé (vi ha preso parte oltre un migliaio di
soldati ivoriani).
Tra fine giugno e la prima settimana di luglio 2021 si è svolta nel
distretto di Yamoussoukro e nella capitale Abidjan pure una vasta
esercitazione congiunta USA-ivoriana, sotto la supervisione del Comando per le
operazioni speciali di US Africa. Scopo primario dell’attività addestrativa è
stato quello di fornire alle unità ivoriane “maggiori capacità di risposta e
operabilità”, oltre a “rafforzare le relazioni e le connessioni militari” con le
forze armate statunitensi.
“Noi
siamo fieri di lavorare accanto alla nostra controparte ivoriana mentre essa affronta
una violenta invasione estremista alla frontiera settentrionale”, ha dichiarato
l’ammiraglio Jamie Sands, a capo dell’U.S. Special Operations Command Africa.
“La Costa d’Avorio è un partner che sta contribuendo alla sicurezza regionale.
E’ previsto che esso ospiti una delle aree addestrative di Flintlock 2022, la principale esercitazione per le operazioni
speciali in tutto il continente africano, a cui parteciperanno 30 nazioni”.
Nella problematica e
complessa regione del Golfo di Guinea si affaccia all’orizzonte il pericolo di
un’altra guerra multinazionale per il controllo di petrolio e gas…
Articolo pubblicato in Africa Express il 12 ottobre 2021, https://www.africa-express.info/2021/10/12/colpo-grosso-delleni-in-costa-davorio-ma-i-jihadisti-vogliono-partecipare-al-banchetto/
Commenti
Posta un commento