Cannonate italiane sparate dai libici contro il peschereccio italiano di Mazara del Vallo
Motovedette italiane armate con cannoni italiani - utilizzati da militari libici formati e addestrati da personale italiano in Italia - che sparano e feriscono cittadini italiani. E’ quanto accaduto il 6 maggio nelle acque del Mediterraneo, protagoniste le unità della cosiddetta Guardia costiera della Libia, vittime tre pescherecci della flotta siculo-tunisina di Mazara del Vallo. “Eravamo quasi a 50 miglia dalle coste libiche, al largo di Misurata e avevamo impiegato un’ora per recuperare le reti, quando verso le 10.15 ci ha chiamato la Marina Militare invitandoci ad invertire la rotta verso nord, senza spiegare cosa stava accadendo”, ha raccontato all’agenzia AGI il comandante del peschereccio “Aliseo”, Giuseppe Giacalone. “Verso le 13.15 una motovedetta libica ci ha affiancato. Ferma, ferma, ci urlavano e hanno cominciato a sparare con tre fucili”.
Durante
la sparatoria alcune schegge hanno colpito Giacalone ad un braccio. “Puntavano
sull’uomo, volevano uccidere solo me”, ha aggiunto il comandante del
peschereccio. “I libici mi guardavano fisso negli occhi e con le dita mi
facevano segno che mi avrebbero tagliato la gola. Poi siamo stati
costretti a fermarci e hanno prelevato me ed il nostromo, mentre tre militari
libici sono saliti a bordo del peschereccio. Uno di loro era stato
addestrato a Messina e parlava italiano e anche la motovedetta libica
è quella della Guardia di Finanza che gli avevamo dato noi. Questo
militare ci ha detto che se non ci fermavamo, ci avrebbero lanciato delle
bottigliette piene di benzina per utilizzarle come molotov”.
Le
gravissime accuse di Giuseppe Giacalone sono state confermate dalla Marina
italiana che ha pure rivelato l’identità della motovedetta impiegata per
l’azione di fuoco, la “Ubari 660”. La foto scattata dai pescatori
dell’“Aliseo” e pubblicata dal quotidiano Avvenire
non lascia alcun dubbio: si tratta infatti della motovedetta consegnata dalla
Guardia costiera italiana ai militari libici appena due anni e mezzo fa nella
città di Messina. Un evento
immortalato dalle cronache del quotidiano online libyaobserver.ly. “I
comandanti e i membri della Guardia costiera libica della base navale di
Tripoli hanno ricevuto domenica 25 novembre 2018 il nuovo pattugliatore Ubari
proveniente dal porto di Messina in Italia”, riporta la testata. “I membri
della Guardia costiera erano stati in precedenza in Italia per un programma di addestramento
di quattro settimane per prepararsi operativamente e tecnicamente all’uso
dell’imbarcazione. In passato, la Marina militare libica ha pure ricevuto
l’unità Fezzan come parte del
sostegno e cooperazione della Guardia costiera italiana nella lotta alla
migrazione illegale”.
Chi, come e quando ha deciso in Italia di dotare i
libici di imbarcazioni veloci per sparare ai migranti in fuga dai conflitti
africani e mediorientali e oggi perfino agli equipaggi dei pescherecci italiani
nel Canale di Sicilia? La lettura dei documenti ufficiali e degli atti
parlamentari rivelano che non c’è stato esecutivo a Roma - perlomeno negli
ultimi 20 anni - a cui non è possibile non attribuire una responsabilità
diretta o la copertura dei crimini commessi dalle autorità di Tripoli.
10 luglio 2018. Da meno di quaranta giorni è in carica
l’inedito governo Lega-M5S (presidente del consiglio Giuseppe Conte, vicepresidente e ministro dell’interno Matteo Salvini, vicepresidente
number two e ministro dello sviluppo
economico Luigi Di Maio). Tra i primi atti viene approvato un decreto-legge
recante disposizioni
urgenti per la cessione di unità navali italiane a supporto della Guardia
costiera del Ministero della difesa e degli organi per la sicurezza costiera
del Ministero dell’interno libici. “Per
incrementare la capacità operativa dei libici nelle attività di controllo e di
sicurezza rivolte al contrasto all’immigrazione illegale e al traffico di
esseri umani, nonché nelle attività di soccorso in mare – si legge all’art. 1
del decreto - è autorizzata la cessione a titolo gratuito al Governo dello
Stato di Libia, con contestuale cancellazione dai registri inventariali e dai
ruoli speciali del naviglio militare dello Stato, fino a un massimo di 10 unità
navali CP, classe 500, in dotazione al
Corpo delle capitanerie di porto - Guardia costiera e di 2 unità navali, classe
Corrubia, in dotazione alla Guardia
di finanza”.
Il nuovo governo giallo-verde autorizza anche una
spesa complessiva di 1.150.000 euro per il “ripristino in efficienza e il trasferimento
delle unità navali” alla Libia, a cui si
aggiunge pure 1.370.000 euro per la manutenzione delle imbarcazioni e per lo
svolgimento di “attività addestrativa e di formazione del personale della
Guardia costiera del Ministero della difesa e degli organi per la sicurezza
costiera del Ministero dell’interno libici”. Alla copertura finanziaria dell’operazione
(complessivamente 2.520.000 euro per l’anno 2018) vengono destinati per metà i
fondi assegnati al bilancio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
(ministro il pentastellato Danilo Toninelli) e del Ministero dell’economia e
delle finanze (l’indipendente Giovanni Tria) e per il restante 50% gli
accantonamenti
relativi al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale
(Enzo Moavero Milanesi). Il decreto verrà convertito in legge il
successivo 9 agosto con voto quasi unanime del Parlamento.
In vista del passaggio alle
due Camere, il governo Conte1 ha predisposto alcuni documenti, la cui lettura
ci consente oggi di avere altre importanti informazioni sulla dissennata
decisione di cedere le unità navali ai militari libici e di addestrarli
contestualmente alla guerra ai migranti
e – oggi - ai pescatori. Innanzitutto
il “quadro giuridico di riferimento” a cui attenersi, il famigerato Trattato di Amicizia, partenariato e
cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria libica popolare
socialista, firmato a Bengasi il 30 agosto 2008 dall’allora presidente del
consiglio Silvio Berlusconi e dal leader della Rivoluzione Muammar El Gheddafi,
successivamente deposto e assassinato dalla forza multinazionale a guida NATO.
L’esecutivo, nel
sottolineare la rilevanza dell’art. 19 del Trattato – rimasto in vigore
nonostante i sanguinosi, repentini e traballanti cambi di governo a Tripoli –
spiega che esso è “volto a rafforzare la collaborazione nella lotta al
terrorismo, alla criminalità organizzata, al traffico di stupefacenti e all’immigrazione
clandestina, come già stabilito dall’accordo del 2000, in vigore dal 22
dicembre 2002” (a firmarlo il governo Amato2 con Ulivo-Pdci-Udeur, mentre a
fine 2002 era premier per la seconda volta Silvio Berlusconi con una coalizione
di centro-destra). “Per contrastare l’immigrazione clandestina, le Parti
promuovono la realizzazione di un sistema di controllo delle frontiere
terrestri libiche da affidare a società italiane in possesso delle necessarie
competenze tecnologiche”, riporta l’Accordo italo-libico del 2008. “Il costo
dell’operazione sarà per metà a carico dell’Italia e per l’altra metà verrà
chiesto il contributo dell’Unione europea, sulla base di precedenti intese tra
quest’ultima e la Libia”. Inoltre – ricorda ancora il governo Conte 1 – proprio
alla vigilia della firma del patto Berlusconi-Gheddafi, il 29 dicembre 2007 era
stato siglato un Protocollo tecnico-operativo che prevedeva un pattugliamento
congiunto italo-libico nel Canale di Sicilia “con la cessione in uso di
motovedette, nonché attività di addestramento, formazione, assistenza e
manutenzione dei mezzi”.
“Tra la fine del 2009 e l’inizio
del 2010 sono state cedute 4 unità navali”, aggiunge l’esecutivo giallo-verde. “Si
ricorda che tali unità sono rimaste danneggiate nel corso della guerra civile
libica e sono state riportate nuovamente in Italia per essere riparate,
dopodiché sono state custodite dal Corpo della Guardia di Finanza nel
comprensorio di Miseno per essere poi riconsegnate alla Libia nell’aprile 2017,
mentre venivano avviate le attività di manutenzione per il ripristino di altre
6 unità”.
“Il Memorandum d’intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del
contrasto all’immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al
contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere tra lo Stato
di Libia e la Repubblica italiana firmato dal Presidente del Consiglio
Sarraj ed il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni a Roma il 2 febbraio 2017
interviene a definire i comuni impegni in vista della stabilizzazione del paese
e del governo dei flussi di migranti clandestini e di contrasto ai traffici
illeciti”, si legge sempre nella relazione presentata in Parlamento per
l’approvazione del decreto-legge del 10 luglio 2018. “La deliberazione del
Consiglio dei Ministri del 28 dicembre 2017, ha previsto, tra l’altro, la
prosecuzione dell’impiego, per l’intero anno 2018, di personale del Corpo della
Guardia di Finanza per la missione bilaterale di assistenza alla Guardia
costiera della Marina militare libica (…) L’impegno preso dal nostro Paese
prevede lo svolgimento di attività addestrativa del personale libico e di
pattugliamento a bordo delle unità cedute, nonché la manutenzione ordinaria
delle 4 unità navali cedute dal Governo italiano al Governo libico tra la fine
del 2009 e l’inizio del 2010. Il fabbisogno finanziario della missione è
stimato in euro 1.605.544...”.
Nel documento di verifica delle spese previste per la
cessione dei mezzi navali alla Libia, il governo Conte1 fornisce
alcuni dati sulle caratteristiche tecnico-operative delle unità e sui programmi
di formazione previsti per il personale della Guardia costiera di Tripoli. “Le
10 motovedette classe 500 sono in
vetroresina di 9,73 mt. e 7.500 kg e possono raggiungere una massima velocità
di 35 nodi con un’autonomia di oltre 200 miglia con propulsione ad elica o ad
idrogetto”, si riporta. “Le motovedette sono state costruite in più tranches
presso i Cantieri Navali del Golfo di Gaeta, Cantieri Tencara di Venezia e
Cantieri Stanisci di Taranto e sono entrate in servizio nel Corpo delle
capitanerie di porto - Guardia costiera tra il 1997 ed il 2009”. Identificate
con codice da Cp 515 a 522 e Cp 526 e Cp 535, prima della loro consegna ai
libici erano assegnate alle sedi di Siracusa, Gela, Vasto, Otranto, Monopoli,
Barletta, Goro, Procida, Venezia e Fano. Le altre due unità da cedere alla
Libia erano invece le guardiacoste da 26,8 metri e 92.120 kg della classe Corrubia, “la G 92 Alberti e la G 115 Zanotti,
in dotazione alla Guardia di finanza, la prima entrata in servizio nel 1997 e assegnata
a Venezia (prezzo storico pari a 3.969.546 euro) e la seconda in servizio dal
2000 a Vibo Valentia (4.004.302 euro)”.
“In attesa che la componente
manutentiva libica acquisisca le necessarie capacità tecniche, è stata prevista
la fornitura di un supporto logistico
fino al 31 dicembre 2018 da assicurarsi in territorio libico da parte di idoneo
operatore economico e che in ragione del particolare contesto ambientale e
della situazione geo-politica si stima la spesa di euro 500.000”, aggiunge il
documento governativo. Infine il capitolo sui corsi di formazione riservati al
personale militare libico da svolgersi a Messina (strutture della Guardia
Costiera) e Gaeta (Guardia di finanza). “L’ubicazione, la struttura e i servizi
offerti delle suddette strutture determinano costi formativi e logistici
sensibilmente diversi”, spiega il governo. “Relativamente alla formazione da
rendersi a Messina si è previsto l’alloggiamento ed il vettovagliamento del
personale presso strutture civili in quanto non è possibile accasermare il
personale in base. Il costo è stato calcolato in 110 euro al giorno di
pernottamento e 60 di vitto a favore di 20 frequentatori del corso della durata
di 28 giorni”. A carico dei contribuenti italiani pure le spese di viaggio in
aereo, del vestiario e dei dispositivi di protezione del personale libico, più
relativi “costi di assicurazione sanitaria, visti e diaria”.
“Le attività programmate
presso la Scuola nautica della Guardia di finanza di Gaeta saranno articolate
su tre settimane, a favore di due equipaggi di 14 militari ciascuno più due tutor,
con un costo giornaliero a persona stimato in 606 euro”, spiega ancora il
governo italiano. Dulcis in fundo una nota sulle spese previste per ripristinarne la perfetta efficienza
delle due unità veloci cedute dalla Finanza, 70.000 euro “per lavori di
carenamento, smontaggio e sostituzione dell’armamento fisso di bordo (la mitragliera
Astra cal. 20 mm in luogo del cannone
Breda) e ulteriori 360.000 euro per
la sostituzione di uno dei due motori principali del G.92 Alberti, attualmente inefficiente per grave avaria tecnica”. Ergo,
le unità navali sono state cedute ai libici previa dotazione di più moderni
sistemi d’armamento.
Come riferisce il giornalista
e direttore di Altreconomia Duccio Facchini,
l’equipaggiamento della Guardia costiera libica da parte italiana prosegue
tranquillamente anche in questi mesi segnati dalla morte in mare di centinaia e
centinai di migranti in fuga dalla Libia. Dalla fine del 2020 all’aprile 2021 solo la Guardia di
finanza ha bandito gare d’appalto pro-Libia per oltre sette milioni di euro. “Uno
risale a febbraio e riguarda la manutenzione di due motovedette a Catania: è
richiesto un ricovero discreto per due mezzi navali di grandi dimensioni
per nasconderli alla vista di persone
estranee”, scrive Facchini. “Unico operatore invitato alla procedura
negoziata è il cantiere navale Marina di Riposto - Porto dell’Etna, in
provincia di Catania”.
Un’altra procedura negoziata d’urgenza “in relazione
alla recrudescenza dei flussi migratori provenienti dalla Libia” è quella
relativa al “servizio di rimorchio di tre unità navali in dotazione alla
Guardia costiera libica”, affidata anch’essa a febbraio dal Centro navale della
Guardia di finanza all’Impresa Fratelli Barretta di Brindisi. “A questi si
aggiunge anche un recente affidamento della Direzione centrale
dell’immigrazione e della Polizia delle frontiere in seno al ministero
dell’Interno relativo a un training pratico a Gaeta per la
conduzione della motovedetta P200 a favore di un equipaggio libico”, conclude
il direttore di Altreconomia.
E sempre a proposito delle nuove motovedette destinate
anch’esse alle guerra dei libici ai migranti e ai pescherecci, il Dipartimento
della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno ha reso noto
l’aggiudicazione in data 29 marzo 2021 dei “lavori aggiuntivi e connesse
forniture relative all’imbarcazione P200”. L’appalto del valore di 20.377 euro è
stato affidato con trattativa diretta al Cantiere Navale Vittoria SpA di Adria
(Roma), lo stesso che per conto ancora della Polizia di Stato ha effettuato a
fine 2018 i “servizi di rimessa in efficienza del pattugliatore da 22 metri, di
proprietà libica, attualmente a secco presso il porto di Biserta (Tunisia), per
un importo di 2.059.140 euro”.
Articolo pubblicato in Africa ExPress il 13 maggio 2021, https://www.africa-express.info/2021/05/13/cannoni-italiani-usati-dai-libici-contro-il-peschereccio-italiano-di-mazzara-del-vallo/
Commenti
Posta un commento