Sigonella, escalation di guerra alla Piana di Catania
Poche volte,
da quando esiste (1959), la base Nato di Sigonella – in un territorio fra
Belpasso. Motta Sant’Anastasia (Catania) e Lentini (Siracusa) – è apparsa
movimentata come in questo momento (a parte la famosa crisi dell’85): aerei che
decollano, aerei che atterrano, aerei che bombardano gli “obiettivi sensibili” del
pianeta e che tornano alla base. Le fonti statunitensi parlano di “situazione
sotto controllo”, ma nel movimento pacifista c’è preoccupazione per
“un’escalation di guerra che potrebbe avere ripercussioni nel nostro
Paese”. Antonio Mazzeo è uno degli esponenti di punta di questo movimento,
non solo perché impegnato da oltre trent’anni su questo fronte, ma per la
competenza e la preparazione nell’affrontare argomenti come questi.
Nei giorni
scorsi c’è stato un bombardamento da parte degli Stati Uniti, della Francia e
della Gran Bretagna di alcuni punti strategici del regime siriano. Nei tuoi
interventi parli spesso di un rischio guerra. Il pericolo – a tuo dire –
riguarderebbe anche l’Italia, segnatamente la Sicilia, per la presenza della
base Nato di Sigonella. Perché?
“C’è
un’escalation della guerra in Siria e del numero dei protagonisti di questa
guerra. Ci sono Paesi del Patto atlantico che stanno agendo pericolosamente:
penso alla Turchia, a Israele, all’Iran e alla Russia. Parlo di Paesi super
armati anche a livello nucleare. Pertanto la situazione rischia di estendersi a
livello globale. Questa è la mia prima preoccupazione”.
La seconda?
“Viviamo in
un incredibile contesto di follia dove gli attacchi si annunciano attraverso
twitter e non attraverso un dibattito democratico di fronte a un Congresso.
L’attacco alla Siria è stato annunciato da un messaggino da parte del
presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Già questo fa capire la
pericolosità di una follia del genere. A questo si aggiunge la situazione
particolare del nostro Paese: c’è un ‘mezzo governo’ che, in attesa del nuovo,
continua a fornire le proprie infrastrutture per le operazioni di guerra,
nonostante quello che ha dichiarato il presidente del Consiglio uscente, Paolo
Gentiloni, smentito dalle registrazioni dei radar, ma soprattutto dallo stesso
dipartimento della Difesa degli Stati Uniti che ha confermato come una parte
delle operazioni abbia visto aerei con e senza pilota decollare dalla basi
militari italiane, particolarmente da Sigonella e da Aviano, in provincia di
Pordenone, da cui sono partiti alcuni caccia americani che hanno accompagnato i
bombardieri nelle operazioni di guerra”.
Sigonella ha
un ruolo più strategico rispetto alle altre basi?
“Sigonella
(e i supporti presenti nel territorio come il porto di Augusta e la base di
Niscemi) ormai conferma in questo conflitto siriano un ruolo fondamentale,
insostituibile, determinante per tutte le operazioni strategiche delle forze
armate statunitensi e italiane, prima di tutto come struttura che fornisce la
manutenzione e il supporto di tutte le operazioni aeree che si svolgono nel
Mediterraneo. Ovviamente un cacciabombardiere che opera in questo scacchiere e
che ha bisogno di manutenzione, non può che trovare in Sigonella la sua struttura
fondamentale. Sigonella in questa operazione è considerata capitale mondiale
dei droni. Da Sigonella sono decollati, prima degli attacchi, i global hawh,
che hanno avuto il compito di monitorare le aree interessate e di individuare
gli obiettivi, lanciare le informazioni che sono state fondamentali per i raid
dei cacciabombardieri”.
Tempo fa hai
documentato il completamento dei lavori di trasferimento dalla Germania a
Sigonella di un sistema che ha il compito di monitoraggio per operazioni dei
missili nucleari a medio raggio.
“Questo
sistema è stato adoperato dagli Stati Uniti per monitorare il fronte Est-Ovest.
Oggi è stato trasferito nel cosiddetto ‘fronte Sud’: evidentemente gli Usa
ritengono che una guerra limitata o globale possa trovare realizzazione proprio
nel Mediterraneo. Purtroppo una eventuale escalation del conflitto in Siria o
in altre aree Medio orientali e africane, vedrebbe Sigonella come punta
avanzata di tutte le operazioni di guerra”.
Oltre
trent’anni fa Giuseppe Fava su I Siciliani scriveva: “Basta premere un bottone
e la Sicilia salterà in aria”. Si riferiva all’installazione a Comiso, in
Sicilia, dei missili americani contro l’Unione sovietica. Ora c’è Sigonella,
nel territorio fra Belpasso, Motta Sant’Anastasia (Catania) e Lentini
(Siracusa), con gli aerei che partono alla volta della Siria.
“Fava è
stato assassinato dalla mafia per interessi non solo locali. Attraverso il suo
giornale faceva delle campagne straordinarie contro i missili Cruise che negli
anni Ottanta furono comprese da buona parte dell’opinione pubblica. questo, a
mio avviso, non lasciò indifferenti gli Usa. Assieme a lui, vorrei ricordare un
altro grande siciliano (siamo alla vigilia dell’anniversario della sua
uccisione): Pio La Torre, colui che – assieme al fondatore de I Siciliani – capì
il salto di qualità geo-strategico di quest’isola in merito al processo di
militarizzazione. Da intellettuali Fava e La Torre avevano compreso quali
interessi economici transnazionali (soprattutto quelli legali allo sfruttamento
del gas e del petrolio) si stavano spostando verso il Sud del mondo, e quindi
quale era il ruolo della Sicilia in questo contesto. Purtroppo questi due
profeti dell’antimafia hanno pagato la loro capacità di analisi su quello che
si stava modificando sia a livello internazionale, sia a livello locale, che in
fondo sono due livelli che si legano”.
Questa
battaglia non rischia di essere incompresa da quella parte di opinione pubblica
che – magari perdendo di vista il ruolo odierno degli Stati Uniti – vive la
nostalgia per la liberazione dell’Italia e dell’Europa dall’esercito
hitleriano?
“La Seconda
guerra mondiale è finita da oltre settant’anni. E’ cambiata la storia, sono
caduti i Muri, è caduto il conflitto Est-Ovest. Ma noi ancora – e lo dico non a
caso alla vigilia del 25 Aprile – continuiamo ad essere una Repubblica a
sovranità limitata. È impensabile che una Costituzione che prevede principi
come la sovranità e il ripudio della guerra venga continuamente calpestata in
nome delle alleanze, della Nato e delle nuove strategie. C’è un problema reale:
dare un senso ai valori costituzionali ottenuti attraverso la resistenza e la
lotta antifascista. L’Italia quando ha giocato ruoli di neutralità nei
conflitti (penso agli anni Settanta e Ottanta) ha avuto una funzione
determinante in situazioni che rischiavano di portare il nostro Paese, il
Mediterraneo e il mondo intero di fronte a un conflitto mondiale”.
Cosa dici a
quella parte di opinione pubblica convinta che all’Italia convenga stare con
l’America?
“Penso che
l’Italia debba essere un ponte di dialogo con tutti, America compresa. Ma al di
là di questo metto in discussione questi massicci processi di militarizzazione
che stanno enormemente limitando anche l’economia della Sicilia. Gli aeroporti
di Catania e di Comiso subiscono limitazioni alla loro mobilità ogni volta che
ci sono operazioni di guerra. Dall’altra parte dell’isola c’è la base militare
di Trapani Birgi, aperta al traffico civile, che ha pagato enormemente un
prezzo durante la guerra del 2011 contro la Libia. La crisi di questo aeroporto
è dovuta alla logica militare che vuole una trasformazione di quell’area nel
poligono sperimentale dei droni. Parlare di pace in Sicilia non vuol dire solo
evitare nuovi conflitti, ma garantire una reale possibilità di sviluppo. È
gravissimo che la politica non se ne renda conto”.
intervista di Luciano Mirone, pubblicata in L’Informazione.ue il 24 aprile 2018, http://www.linformazione.eu/2018/04/sigonella-escalation-di-guerra-alla-piana-di-catania/
Commenti
Posta un commento