Messina. Si amplia la discussa discarica di rifiuti di Salice (già) in mano al gruppo Demoter-Borrella
Il responsabile dello
sportello unico della attività produttive del Comune di Messina ha rilasciato
in data 14 marzo 2018 l’autorizzazione alla Società Fallimento Demoter Spa (già
di proprietà dell’imprenditore al centro dell’inchiesta antimafia Beta, Carlo
Borrella) che consente di modificare le precedenti autorizzazioni ambientali
per l’esercizio di recupero dei rifiuti derivanti dalle “attività di
frantumazione e selezione inerti” nello stabilimento di località Malopasso,
Villaggio Salice, “con l’inserimento dell’attività di recupero ambientale R10
ed annessa R13 e con l’aumento dei quantitativi dell’attività R5 ed R13 già autorizzate”.
Si tratta dunque di un
provvedimento che amplia le funzioni della discarica di Salice e le quantità
dei rifiuti che vi saranno depositati e/o “recuperati”. Le sigle citate nel
provvedimento dirigenziale, infatti sono quelle regolamentate dal Decreto
legislativo 152 del 2006 e corrispondono, rispettivamente a: R10 “spandimento sul suolo a beneficio dell’agricoltura”;
R13 “messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate
nei punti da R1 a R12 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta,
nel luogo in cui sono prodotti)” – nei fatti “utilizzazione, recupero e
riciclo” di una lunga serie di rifiuti, come solventi, sostanze inorganiche,
metalli e composti metallici, ecc.); R5 “riciclo/recupero di altre sostanze inorganiche”.
Impossibile
comprendere come mai si ritenga necessario espandere una discarica che oltre ad
appartenere ad una società (fallita) di un gruppo imprenditoriale oggi al
centro di un’inquietante inchiesta giudiziaria, in passato ha generato dubbi e perplessità
sulla sua sostenibilità ambientale e che anzi, meriterebbe la chiusura previo
interventi di bonifica, risanamento e messa in sicurezza.
In
proposito vogliamo ricordare quanto fu rilevato in passato sulla discarica di
“inerti” del gruppo Demoter. Riportiamo a tal proposito alcuni passaggi di una
inchiesta che pubblicammo nel lontano 2003 (“La galleria degli orrori”).
E’ il 28 maggio del 1999.
Dopo tredici anni di scavi e lavori viene finalmente inaugurata la Galleria dei
Peloritani, il tunnel ferroviario lungo 13.500 metri che mette in collegamento
il centro abitato di Messina con il comune di Villafranca Tirrena. Lo ha
realizzato il Consorzio Ferrofir di Roma a cui aderiscono tre tra le maggiori
imprese italiane di costruzioni: l’Astaldi, la Di Penta e l’Impregilo. Un’opera
segnata da lunghi ritardi a causa di problemi di ordine geologico non previsti
in sede progettuale e da interminabili conflitti sindacali per l’incertezza
della copertura finanziaria dei lavori per il raddoppio ferroviario nella
tratta Messina-San Filippo del Mela, la stessa dove si è consumata nel luglio
2002, la tragedia dell’Espresso ‘Freccia della Laguna’, deragliato per la
cattiva manutenzione dei binari.
La Galleria dei Peloritani è
oggi presa ad emblema tra le grandi opere che hanno causato i maggiori dissesti
del territorio e dell’ambiente della provincia di Messina. Un’infrastruttura su
cui non sono mancati gli appetiti della criminalità mafiosa regionale: i lavori
di sventramento di intere colline si sono trasformati in una grande business
per l’Ecomafia. "Dove sono finiti i milioni di metri cubi di terra
argillosa estratta lungo i chilometri di quella galleria che congiunge Messina
con la città di Villafranca?" Ha domandato al Presidente della Commissione
parlamentare antimafia l’on. Nichi Vendola del Partito della Rifondazione
Comunista, nei giorni successivi al deragliamento del treno espresso presso la
stazione di Rometta. "Sono finiti forse in mare? E chi ha lucrato le somme
che lo Stato, pagando circa otto mila lire al metro cubo, ha erogato per
smaltire ciò che non è stato smaltito? E ancora: da dove si è estratta la terra
per costruire il rilevato ferroviario nel tratto Rometta-Bercellona? Forse dal
greto di ciascuno dei tre torrenti che insistono su quel territorio? E che
dissesto idrogeologico si è determinato? E come mai una intera galleria, appena
completata al prezzo di svariati miliardi, crolla, un anno fa, nella
indifferenza generale? Quella galleria, era già un monito ed un emblema dei
rischi legati al contenuto criminale ed anti-ambientale di un progetto che in
trent’anni ha dissipato risorse e vite senza edificare il secondo
binario".
Nel suo intervento, Vendola
ha chiesto di conoscere quali siano state le ditte che hanno operato nell’area
nella movimentazione terra e che hanno eseguito gli sbancamenti, l’apertura di
nuove cave, la perforazione dei rilievi montuosi. Infine il parlamentare
solleva un interrogativo inquietante: "Si può sapere se quelle cave siano
state a loro volta riempite con materiali da discarica, con rifiuti tossici e
nocivi?". Domande a cui assai difficilmente questo governo vorrà e potrà
dar risposta. Tuttavia, va detto, che negli anni caldi della guerra di mafia,
una piccola testata di Messina, L’isola,
protagonista di numerose inchieste sul traffico di armi e sui poteri occulti
nell’area dello Stretto, aveva denunciato gli interessi che ruotavano attorno
all’affare movimentazione terra e discarica degli inerti dei lavori per la
realizzazione della tratta ferroviaria Messina-Villafranca-Barcellona. Un
articolo a firma del giornalista Giuseppe Ramires dell’ottobre 1993, rilevava
l’insorgenza di decine di discariche abusive in tutta la provincia. "Di
circa cento cosiddetti ‘padroncini’, una cinquantina pare riesca ad utilizzare
la discarica di Portella Arena (quella per i rifiuti solidi urbani) usufruendo
di permessi provvisori, pur non possedendo i necessari requisiti. Qualche altro
autotrasportatore pare che goda di particolari attenzioni da parte della
Forestale (vedi il caso "Salice" dove si scarica utilizzando una
domandina di "bonifica", e sarebbero quindi le imprese che utilizzano
questo sistema). Una cinquantina di autotrasportatori, fuori dal ‘giro’, si
arrangia come può, scaricando i materiali nei torrenti o sulle spiagge".
L’inchiesta di Ramires
evidenzia poi una strana ‘anomalia’ che si sarebbe realizzata a cavallo tra la
fine degli anni ’80 e i primi anni ’90 in tema di discariche. In assenza di
siti rispondenti alle norme di legge, il municipio di Messina deliberò nel
marzo 1989 l’autorizzazione all’apertura di una di esse in un’area di Portella
Arena, affidandone la realizzazione all’Ales (Annunziata Lavori Edili Stradali)
di Salvatore Calandra, presidente dell’Associazione autotrasportatori movimento
terra di Messina. Nonostante il parere favorevole dell’Assessorato Regionale
all’Agricoltura e alle Foreste, l’allora amministrazione sospese però la
pratica. Passano così inutilmente quattro anni nella più totale deregulation.
Inutili si rivelano i numerosi esposti di Calandra alla Prefettura di Messina
in cui si denuncia l’esistenza di "molte discariche padronali autorizzate
soltanto dall’Assessorato Agricoltura e Foreste che fanno scaricare i materiali
provenienti dagli scavi a pochi eletti – vedi il doppio binario FF.SS. a Salice
–. Nonostante il continuo prodigarmi affinché alcuni luoghi caratteristici e
panoramici non siano deturpati da scarichi abusivi, molti della categoria che
io rappresento scaricano in luoghi incuranti di tutto e di tutti".
Inutile dire che lo scarico
di inerti continuò senza controlli per tutti gli anni ’90. Solo nel marzo 2001
fu ordinata dalla Forestale la chiusura della discarica di contrada Malopassu a
Salice, quella indicata come una delle maggiori ricettrici dei materiali di
risulta degli scavi per la ferrovia. "Siamo in presenza di un preoccupante
fenomeno di dissesto idrogeologico – dichiara il geologo della Forestale, dott.
Marchetti. "L’area va immediatamente sottoposta ad un programma di
riqualificazione ambientale". L’ordinanza segue di qualche giorno
un'interrogazione al Sindaco dei consiglieri del Partito popolare che chiedono
come mai per i lavori appaltati dal Comune non venga utilizzata la discarica
regolarmente autorizzata di Vallone Guidara, invece di continuare a deporre
materiali a Salice "creando difficoltà per la popolazione residente e
mantenendo in vita una discarica che pare sia illegittima". La discarica
di Salice, nello specifico, viene gestita dall’impresa messinese Demoter S.r.l.
(Demolizioni Movimenti Terra), che ha avuto in affidamento i lavori di scavo e
movimentazione inerti della galleria ferroviaria dei Peloritani e che al
momento dell’ordinanza di chiusura, inviava a Salice i camion con i materiali
derivanti dagli sbancamenti effettuati come subappaltatrice della società Astaldi
nel cantiere del nuovo stadio di calcio a San Filippo”….
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