Tremestieri, il grande porto dall’insostenibile impatto ambientale
Come realizzare un’opera
insostenibile dal punto di vista ambientale, convertendo le legittime aspirazioni
di una città di liberarsi dal transito dei mezzi pesanti in un business milionario
per le aziende post-tangentopoli e i progettisti del consumo di territorio.
Accade a Messina con la “Piattaforma
logistica intermodale con annesso
scalo portuale di Tremestieri” (la prima tranche di lavori, già appaltati,
prevede una spesa pubblica di 73 milioni di euro): un intervento con devastanti
effetti sui fondali e la fragile costa a sud della città peloritana,
ultrasensibile ai sismi e alle correnti marine e che ripropone quasi tutte le
criticità e le vulnerabilità dello scongiurato Ponte sullo Stretto. E non
poteva essere diversamente, del resto, dato che ad occultarne o mistificarne la
violenza sul territorio ci sono stati anche certi teorici della sostenibilità
della megainfrastruttura per l’attraversamento stabile tra Scilla e Cariddi.
“La Valutazione di Impatto
Ambientale già effettuata per il costruendo porto di Tremestieri è da ritenersi
datata, carente ed inidonea ad affrontare i problemi di un’opera complessa e
costosa in un territorio di alta fragilità, terrestre e marina”, scrivevano i
rappresentanti di tre tra le maggiori associazioni ambientaliste nazionali (Man
- Associazione Mediterranea per la Natura, Italia Nostra e Wwf) in un documento
inviato il 28 luglio 2015 ai ministri dei Trasporti e infrastrutture Graziano
Delrio, e dell’Ambiente Gian Luca Galletti. “Condividiamo la necessità di
spostare il traffico pesante fuori dall’area urbana, ma non possiamo
condividere scelte non ponderate, quale quella dell’ampliamento del porto di
Tremestieri. In attesa di una corretta e approfondita verifica dei suoi reali costi ambientali, sociali ed
economici, nel breve, medio e lungo termine, ci preme chiedere che venga riavviata una nuova e approfondita
istruttoria sull’impatto ambientale del nuovo progetto: senza di essa, saranno vanificate le notevoli
somme che si intendono investire senza risolvere il problema
dell’attraversamento del traffico pesante”. Alla richiesta di Man, Italia Nostra e Wwf veniva allegata un’accurata
documentazione scientifica con le numerose osservazioni critiche al
progetto che le tre associazioni avevano già inviato nei mesi di aprile, luglio
e settembre 2014 alla Commissione VIA-VAS (valutazione impatto ambientale e valutazione
ambientale strategica) del Ministero dell’ambiente, ma che tuttavia veniva colpevolmente e integralmente ignorata dalle autorità
di governo, dalla stramaggioranza delle forze politiche e sociali e dalla stessa
amministrazione comunale guidata dal NoPonte
Renato Accorinti.
“Il porto attuale di
Tremestieri che oggi si vorrebbe ampliare, è stato realizzato in procedura di
emergenza, ha rivelato oggettivi limiti di praticabilità e ha innescato
fenomeni di erosione costiera estremamente gravi”, spiegavano Man, Italia
Nostra e Wwf. “Si interra ad ogni forte sciroccata e per riattivarlo si
investono ingenti somme pubbliche, fino alla successiva sciroccata che interra
nuovamente il bacino portuale. Il nuovo porto verrebbe realizzato in un’area ad
alto rischio idrogeologico (un aspetto
gravemente sottovalutato dai progettisti), a sud dello scalo attuale che
si è dimostrato inidoneo ad assorbire il traffico dell’attraversamento dello
Stretto. L’infrastruttura interferisce con lo sbocco di ben tre fiumare
(Guidara, Canneto o Palummara, Farota), nell’ambito territoriale interessato
dalla drammatica alluvione del 1° ottobre 2009, dove è altissimo il rischio di
nuove alluvioni, per conformazione geomorfologica ed esposizione. Per le tre
fiumare, sono previsti ulteriori regimazioni e intubamenti, oltre a vasche di raccolta,
a monte, del materiale detritico che precipiterebbe con le piogge dai monti sovrastanti”.
Le associazioni evidenziavano
inoltre come nella stesura del progetto definitivo dell’impianto portuale di
Tremestieri non si sia tenuto conto delle mappe prodotte dall’ENEA nel febbraio
2013 (su commissione del Comune di Messina) e relative al rischio di erosione,
suscettibilità a innesco di crolli, colate rapide, scorrimenti rotazionali e traslazionali
nella zona sovrastante l’area di progetto. “Nessuno, nell’iter del 2014, ha poi preso in considerazione quanto
già riportato nel parere del 2011, in relazione alla possibilità che la
discarica illegale a monte della fiumara Guidara (materiali e rifiuti
pericolosi) possa riversarsi sul torrente e arrivare alla foce”, aggiungono Man,
Italia Nostra e Wwf. “Nessuno può escludere che possa piovere come e/o più del
1° ottobre 2009, che le vasche di raccolta del materiale detritico siano
insufficienti e che dove si vorrebbe realizzare il nuovo porto, non possa riversarsi
una valanga di fango e detriti”.
Cambiano
gli ingredienti ma i disastri son gli stessi
All’indice degli
ambientalisti pure le notevoli differenze
nei materiali previsti per la realizzazione del nuovo porto, proposte il
30 luglio 2014 dalle imprese che si sono aggiudicate la gara d’appalto
(l’associazione temporanea guidata dalla Nuova Coedmar Srl di Chioggia,
mandante il Consorzio Cooperativo Costruzioni CCC di Bologna). “Sono subentrate
modifiche dei materiali in termini di percentuale e tipologia, senza una
verifica approfondita, nonostante si intervanga in una zona a rischio sismico di
livello 1”, spiegano le organizzazioni. “Per il molo foraneo il nuovo progetto
prevede un incremento del conglomerato cementizio del 12,33% e del 100% del
materiale di scogliera e del conglomerato bituminoso (nel progetto 2011 non era
riportato nulla in proposito); per le banchine
di riva, si riduce del 78,71% l’impiego di acciaio, mentre il conglomerato
cementizio cresce del 31,73%, il materiale di scogliera del 43,22% e il conglomerato
bituminoso del 100%. Per gli interventi sui torrenti si registra una diminuzione rispetto al 2011 del 393,73%
del conglomerato cementizio, del
144,92% dell’acciaio e del 43,14%
del materiale arido e, di
contro, un lieve aumento del pietrame (11,84%). Chi può escludere che il cambio
di materiale proposto spontaneamente dal proponente, può essere sufficiente a garantire
che nulla accada in ambito portuale in caso di piogge eccezionali, stante quanto
già affermato nel parere del 2011 e quanto riportato dalle mappe dell’ENEA del 2013?”.
Le associazioni ambientaliste
lamentano pure l’elevata criticità in termini di approvvigionamento delle
risorse idriche necessarie sia in fase di cantiere che di esercizio (a regime,
secondo i progettisti, il porto di Tremestieri consumerà 500 m/c d’acqua al
giorno), quantità difficilmente reperibili senza che si aggravi ulteriormente la
situazione nei siti di prelievo per l’area urbana di Messina dell’Alcantara e
Fiumefreddo. “I dati sulla
dinamica costiera non sono aggiornati (risalgono al 2008), nonostante già poco
tempo dopo la realizzazione del porto attuale (2006) vi fossero, anno dopo
anno, evidenti correlazioni tra l’erosione gravissima sia a sud che a nord della
nuova infrastruttura portuale”, denunciano Man, Italia Nostra e Wwf. “E’ del
tutto evidente che un nuovo porto avrà l’effetto di deviare l’energia
dell’onda, abbattendosi altrove e innescando anche a distanza effetti
drammatici per le popolazioni (attualmente a Galati, a sud del porto attuale,
il mare è arrivato dentro le case). Nel parere del 2011, si legge tra le
diverse prescrizioni della Regione Sicilia relative alla costa che lo studio
dell’evoluzione morfologica della linea di costa in fase di progettazione esecutiva
dovrà essere aggiornato tenendo conto delle proposte progettuali formulate
dalla società proponente.
Nell’istruttoria 2014, non risulta alcun aggiornamento e per quanto non si
tratti ancora di progetto esecutivo, ci si sarebbe aspettati che quanto
accaduto negli anni potesse indurre a richiedere un corretto e necessario aggiornamento
della situazione, portando alla non esclusione da nuova procedura VIA”.
Valanghe
di detriti da scaricare in mare
Pesantissimi i rilievi
inerenti la movimentazione dei materiali di scavo e il loro successivo utilizzo
per gli interventi di “ripascimento” della costa. I progettisti prevedono di
utilizzare l’intero quantitativo di materiale di dragaggio, stimato in 711.200
mc per il ripascimento nello Ionio (Stretto di Messina). In precedenza era stato
previsto di riversare i materiali di scavo (stimati in 850.000 mc) in entrambi
i versanti, ionico e tirrenico (in località Santo Saba), ma la seconda opzione è
abbandonata nel 2014 per la gravità degli effetti ambientali previsti nell’area.
Con il progetto definitivo di Nuova Coedmar e CCC di Bologna, tutti i materiali
di risulta saranno collocati nella zona in erosione a nord del costruendo porto
(la lunghezza dell’area di ripascimento si estende così a circa 2.900 metri
contro i 2.000 di prima), mentre il quantitativo di massi in calcestruzzo passa
da 293.937 a 327.596 tonnellate. “Come già evidenziato nel parere rilasciato
nel 2011, già dopo tre anni lo stesso
intervento non sarà più in grado di trattenere il materiale solido accumulatosi
e quindi, a porto nuovo realizzato, si dovrà continuare a dragare e a buttare a nord, il materiale dragato”,
rilevano gli ambientalisti. “Non è chiaro a carico di chi sarebbe un intervento
ineludibile e necessario sia per il funzionamento del porto che per la salvaguardia
della costa a nord, non considerando al momento quanto sta ancora accadendo a
sud, in termini di erosione”.
Ovviamente anche relativamente
agli impatti sulle delicatissime biocinesi e sulle specie marine protette che
deriveranno dal raddoppio della quantità dei materiali di scavo, non c’è
traccia negli “studi” accettati dalla Commissione tecnica VIA–VAS del Ministero
dell’ambiente. “Inevitabili gli
effetti a breve, medio e lungo termine anche nel settore della pesca, oltre ad
un possibile incremento dell’erosione costiera, per l’inevitabile scomparsa
anche a distanza, delle praterie di Posidonia oceanica, unica vera difesa
naturale contro il potere erosivo dell’energia dell’onda”, spiegano Man, Italia
Nostra e Wwf. “Solo per far comprendere l’enorme impatto che avrebbe la
previsione di gettare in mare 711.000 mc, si ricorda che il materiale caduto in
occasione dell’alluvione del 2009 è stato stimato in 80.000 mc e ha distrutto
interi tratti di mare anche a grandi distanze. Nel caso del nuovo porto, si
tratterebbe di quasi 10 volte la quantità di materiale caduta per eventi
naturali, con l’aggravante ulteriore che verrebbe dispersa per mesi e mesi di
lavorazione e con l’aggiunta di ingentissimi quantitativi di massi per il
ripascimento protetto”.
“In ultimo, preme segnalare
che per il progetto che ha effetti diretti e indiretti su un sito protetto
dalla Ue (ZPS ITA030042) è stato sottoposto nel precedente iter, solo la procedura di Screening e non a corretta Valutazione
di Incidenza, contrariamente a quanto affermato nel parere della Commissione
VIA-VAS del Ministero dell’ambiente del 2014”, scrivono le associazioni. “Non
si considerano ovviamente le specie di uccelli nel formulario Natura 2000 che
svernano sullo Stretto di Messina (che subirebbe effetti negativi) o che lo
utilizzano come area trofica tutto l’anno. Così nella valutazione non v’è
traccia del flusso migratorio imponente, notte e giorno (4 milioni e 300 mila
individui censiti da radar, di notte in un solo mese e mezzo nel 2006), di
habitat fondamentali per la loro sosta, di impatto di luci, di alterazione
delle catene trofiche come conseguenza del particolato, delle torbide, dei sedimenti,
dell’alterazione delle biocinesi marine a seguito e della fase di cantiere e di
esercizio”.
Dopo che nell’agosto del
2010 fu aggiudicata la gara d’appalto per la realizzazione del primo stralcio
funzionale della Piattaforma
logistica intermodale e dello
scalo di Tremestieri, la società vincitrice Sigenco SpA ha
proceduto a sottoporre a VIA il proprio progetto definitivo; lo studio di impatto ambientale fu
esaminato ed approvato con alcune prescrizioni dal Ministero dell’ambiente il
18 luglio del 2011. La valutazione di impatto ambientale dell’opera fu eseguita
in realtà dalla Interprogetti Srl di Roma (presidente l’ing. Sergio Pittori,
amministratore delegato l’ing. Marco Pittori), società d’ingegneria con un
ampio portafoglio lavori per conto della CMC di Ravenna, dell’Istituto
Nazionale di Fisica Nucleare e dell’Autorità portuale di Gioia Tauro e che nel
2012 si è aggiudicata la gara per la progettazione esecutiva del porto di
Sant’Agata di Militello (Messina). Interprogetti, nello specifico, nel 2010
commissionò alla S.I.A. Società Italiana per l’Ambiente Srl (società di
consulenza in campo ambientale attiva in Italia e all’estero, presidente l’ing.
Giuseppe Marfoli) lo “studio della possibilità di ripascimento tramite
materiale dragato nei siti di Tremestieri e San Saba”. Due anni più tardi, ancora
Interprogetti e Sigenco affidavano a S.I.A. il progetto di “monitoraggio ambientale
relativo alla costruzione della piattaforma logistica intermodale e del nuovo
scalo marittimo di Tremestieri”.
A seguito di un ricorso in
sede amministrativa, la gara d’appalto fu assegnata all’associazione temporanea
Nuova Coedmar – CCC. Nell’estate 2013, le nuove aggiudicatarie furono invitate
dall’amministrazione comunale di Messina ad acquisire la valutazione di impatto
ambientale sul proprio progetto definitivo. La procedura di assoggettabilità a
VIA veniva avviata nel marzo 2014; sette mesi più tardi, però, il Ministero
dell’ambiente giudicava non necessario l’espletamento di una nuova procedura
integrale di valutazione ambientale per le “minime” differenze tra i due
progetti presentati da Sigenco e Nuova Coedmar. Peccato però che lo stesso
Ministero rilevava come il progetto predisposto dalle nuove società
aggiudicatarie presentasse “modifiche progettuali e strutturali rispetto al
progetto definitivo già reso oggetto di giudizio favorevole di compatibilità
ambientale con decreto n. 402 del 18/07/2011, in particolare: la viabilità di
accesso, le opere marittime (molo foraneo, banchine di riva e opere a
scogliera), le opere di regimazione idraulica dei torrenti Farota e Guidari, ed
il ripascimento delle aree a nord”. Nel provvedimento di
esclusione della procedura di impatto ambientale del 13 ottobre 2014, il
Ministero dell’ambiente si limitava a richiedere ai progettisti una serie di
prescrizioni meramente simboliche: interventi di carattere paesaggistico ambientale, opere di
rinaturalizzazione delle dune nelle zone di ripascimento, plantumazioni e
mitigazioni nella zona del porto, rinaturalizzazioni di alcune zone campione
nelle aste dei torrenti, campagne di controllo e monitoraggio di componenti
antropiche e biotiche pre-durante e post operam.
Nel frattempo,
l’Autorità portuale di Messina si è
incaricata di integrare nell’approvando nuovo Piano regolatore portuale (PRP),
il completamento della piattaforma logistica e del nuovo porto di Tremestieri.
Il rapporto per la valutazione ambientale strategica (VAS) applicata al PRP è
stato redatto nel giugno 2016 da un gruppo di lavoro diretto dagli architetti e
docenti universitari Francesco Karrer e Francesca Moraci, due professioni molto
noti nella città dello Stretto per aver concorso a quasi tutte le fasi
progettuali e/o di valutazione a favore del famigerato Ponte di collegamento tra
Scilla e Cariddi.
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