La guerra totale della Francia in Africa e Medio oriente
Profondamente
addolorati per le sanguinose stragi terroristiche in Francia, nell’esprimere vicinanza
e solidarietà alle vittime è però necessario riportare alla memoria alcune
gravi vicende belliche che hanno visto protagoniste, recentemente - in medio
Oriente e Africa - le forze armate francesi. Non fosse altro che da più parti è
già stata invocata vendetta contro i terroristi
islamici, Ue, Usa e Nato annunciano di voler intensificare raid e bombardamenti
in Iraq e Siria e le forze politiche ultrarazziste del continente si preparano
a nuovi pogrom contro rifugiati e immigrati.
Poco
meno di una settimana fa, due cacciabombardieri Mirage 2000 dell’Aeronautica
militare francese, decollati da una base della Giordania, avevano distrutto un sito
per la produzione e il rifornimento petrolifero nella zona sud-orientale siriana
di Deir ez-Zor. L’infrastruttura, secondo le autorità di Parigi, era sotto il
controllo dell’Isis ed era utilizzata per l’approvvigionamento di carburante
per i mezzi impiegati dallo Stato islamico. Per intensificare l’offensiva
francese contro l’Isis, il 7 novembre il presidente Francois Hollande aveva
annunciato lo schieramento della portaerei a propulsione nucleare “Charles de
Gaulle” al largo delle coste siriane. Imponente il dispositivo bellico a bordo
della grande unità navale: 12 caccia Dassault Rafale e 9 Super Etendard, più 4
elicotteri. Essi si aggiungono ad i 6 caccia Rafale già schierati dai francesi negli
Emirati Arabi Uniti, ai 6 cacciabombardieri Mirage in Giordania, a un aereo da
pattugliamento marittimo Atlantique 2 e a un aereo cisterna C-135. Questi
velivoli e più di 700 militari sono impegnati da un anno nell’ambito dell’Opération Chammal in Iraq (1.285 missioni
aeree con 271 bombardamenti e la “distruzione di 459 target” secondo i dati
forniti a fine ottobre dal ministero della difesa francese). Ai raid in Iraq,
dal 27 settembre si sono sommati quelli in Siria, giustificati da Hollande con
la “necessità di colpire terroristi che preparavano attentati contro la Francia”.
I bombardamenti erano stati proceduti da decine di missioni ISR (Intelligence
Surveillance and Reconnaissance) di ricognizione aerea e individuazione di
obiettivi sul territorio siriano. A settembre, inoltre, secondo l’agenzia Associated Press, Parigi aveva avviato
la fornitura di apparecchiature e di denaro a favore dei ribelli in lotta
contro il regime di Bashar Assad che controllano cinque città siriane. Ufficialmente
gli “aiuti” riguarderebbero attrezzature necessarie a ricostruire “pozzi d’acqua,
panifici e scuole”, ma una fonte diplomatica del governo francese non ha
escluso la consegna di sistemi radio e comunicazione e altre apparecchiature “non
letali”. La Francia ha pure sottoscritto un accordo di cooperazione militare
con le forze armate libanesi per la consegna entro il 2018 di sistemi d’arma (caccia,
navi, veicoli blindati e pezzi di artiglieria da 155 millimetri) per il valore
di tre miliardi di dollari. Nel quadro dell’intesa, la Francia invierà in
Libano anche 60 militari per addestrare le forze libanesi all’uso degli
equipaggiamenti consegnati.
In vista del potenziamento del proprio dispositivo bellico
principalmente nello scacchiere mediorientale e nel continente africano, il 13
novembre le forze armate francesi hanno ottenuto dal Dipartimento di Stato Usa
l’autorizzazione ad acquistare 4 aerei C-130J per il trasporto truppe e il
rifornimento in volo, più relativi equipaggiamenti e ricambi, missili, sistemi radio,
di contromisure elettroniche e radar per un valore complessivo di 650 milioni
di dollari. Qualche mese prima, il Dipartimento di Stato aveva autorizzato il trasferimento
alla Francia pure di 200 missili AGM-114K1A Hellfire (costo stimato di 30
milioni di dollari).
Dall’agosto
2014, la Francia è impegnata con oltre 3,000 militari in una campagna globale contro
il “terrorismo di matrice islamica” in Africa (operazione Burkhane). L’intervento si sta sviluppando in
una vasta area compresa tra il Ciad orientale, il Niger, il Mali, il
Burkina Faso e la Mauritania. A febbraio, nel corso di un’offensiva nel nord
del Mali, le forze terrestri francesi hanno ucciso una dozzina di “miliziani islamici”
tra Boureissa e Abeissa, a circa 120 km dalla città di Kidal, una roccaforte
dei ribelli separatisti Tuareg. A metà maggio, sempre nel nord del Mali, le forze
speciali appartenenti al 1° Reggimento paracadutisti della fanteria di marina
hanno ucciso quattro presunti dirigenti di al-Qaeda, sospettati di essere
coinvolti nella morte di alcuni cittadini francesi, tra cui i giornalisti di Radio France International, Claude
Verlon e Ghislaine Dupont (2013). “I terroristi dovrebbero ricordarsi che la Francia
ha la memoria lunga”, aveva commentato allora il ministro degli affari esteri Laurent Fabius.
“Noi non dimentichiamo e colpiremo anche tra cento anni, ma raggiungeremo tutti
quelli che hanno fatto del male alla nostra nazione”, aveva concluso Fabius.
Secondo
Analisi Difesa, l’operazione Barkhane
viene condotta da dieci basi diverse: la principale ha sede a N’Djaména, in
Ciad, con 800 militari. Altri 600 soldati sono stati stanziati nella base di
Niamey, in Niger, mentre nella base di Gao (Mali) sono rischierati altri 1.000
soldati. Da Niamey, in particolare, operano tre droni General Atomics MQ-9
Reaper in forza allo squadrone aereo di Cognac che dal dicembre 2013 hanno compiuto
missioni d’intelligence per oltre 4.000 ore nell’Africa sub-Sahariana. Il
comando delle forze speciali francesi è rischierato nella base di Ouagadougou, Burkina
Faso. Altre installazioni militari francesi a Tessalit (Mali), Fort de Madama
(Niger) e Faya-Largeau (Ciad). Oltre ai Reaper,
la Francia schiera nell’area 2 droni EADS Harfang, 4 caccia Dassault Rafale, 4 Mirage 2000, 10 velivoli da
trasporto, una ventina di elicotteri, 200 veicoli logistici e 200 tank. Dal
gennaio di quest’anno, Parigi ha pure rafforzato la propria presenza in Costa d’Avorio
(operazione Licorne): il paese ha assunto
il ruolo di “base militare operativa avanzata” per consentire alle forze d’élite
un dispiegamento rapido contro-terrorista
nell’Africa sub-sahariana.
Come se non bastasse, a conclusione
del summit delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile, il presidente
francese Holland ha annunciato che a partire del prossimo anno e sino al 2020 la
Francia addestrerà più di 100.000 militari africani per “contribuire a
garantire la sicurezza del Continente e preparare forze in grado di sostenere
missioni di stabilizzazione”. Gli addestratori giungeranno in buona parte dal
contingente di 1.900 unità che le forze terrestri, navali ed aree francesi
dispongono nella grande base di Gibuti, in Corno d’Africa. Una controffensiva
neocoloniale che oggi Parigi paga con un tragico bagno di sangue.
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