Al regime liberticida del Bahrain cooperazione e armi italiane
Dopo
Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Qatar, il complesso militare
industriale italiano trova un nuovo partner tra i sovrani e gli emiri del Golfo.
L’azienda Selex ES (Finmeccanica), produttrice di sistemi di puntamento,
componenti elettroniche e radar, ha firmato un contratto di oltre 50 milioni di
euro con la Royal Bahrain Naval Force, la marina militare del Regno del
Bahrain, per l’ammodernamento di sei unità navali. Il programma di
aggiornamento avrà una durata di cinque anni; Selex ES fornirà inoltre i servizi
di formazione e di supporto post vendita.
Le
basi per l’accordo tra la Marina militare del Bahrain e l’azienda del gruppo Finmeccanica
erano state poste in occasione della sosta nel complesso portuale di Mina Khalifa - dal 5 al 9
dicembre 2013 - del 30° Gruppo navale italiano, durante il suo lungo tour
promozionale in Africa e Medio oriente dei sistemi d’arma made in Italy. In
quell’occasione, il direttore marketing di Selex Es, Gianpiero Lorandi,
ebbe modo di presentare i più recenti sistemi di guerra dell’azienda al Capo di
stato maggiore della marina del Bahrain, durante un ricevimento ufficiale a
bordo della portaerei “Cavour”. Il 26 febbraio 2014, una delegazione di sei ufficiali del
piccolo regno del Golfo si recò poi in
visita nella base navale di Augusta (Siracusa), nell’ambito di un
programma di collaborazione nel campo della difesa tra Italia e Bahrein,
finalizzato alla fornitura di alcuni sistemi già imbarcati sulle unità italiane. In particolare, la
delegazione straniera ebbe modo di assistere a bordo del pattugliatore “Comandante
Cigala Fulgosi” ad una dimostrazione sul funzionamento del radar del tiro NA 25 X prodotto e installato da Selex
Es, effettuando il tracciamento e l’acquisizione di bersagli navali ed aerei.
In
Bahrain, l’azienda del gruppo Finmeccanica ha già firmato contratti con
l’aviazione civile e l’aeronautica militare per la fornitura di sofisticati sistemi
radar di sorveglianza primari e secondari. Nel gennaio 2015, Selex ES ha pure
partecipo al Bahrein International
Airshow, il salone aerospaziale che si tiene annualmente nella capitale
Manama, per promuovere un’ampia gamma di prodotti per la “difesa” aerea, sistemi
navali e di sicurezza interna, i radar multiruolo Kronos Land per la sorveglianza
delle coste e dei cieli, la scoperta del fuoco nemico e il controllo anti-missile
e i radar tridimensionali Rat31Dl con una copertura di oltre 500km. Al Bahrein Airshow 2015, Finmeccanica era
presente anche con la controllata AgustaWestland e gli elicotteri di nuova
generazione AW-169 e AW-189 e quelli già affermatisi nel mercato mondiale
militare, come gli AW-109LUH, AW-159, NH-90, AW-101 e AW-139. “Siamo a Manama
perché quella del Golfo rappresenta una regione molto importante, dove Finmeccanica
e le sue aziende vantano una presenza di oltre trent’anni, che in termini di
ricavi, ha un valore tra il 20 ed il 25% del business del Gruppo”, spiegavano i
dirigenti della holding nazionale. “Finmeccanica è impegnata ad incrementare le
proprie attività in molti settori attraverso partnership tecnologiche con l’industria
locale, la creazione di joint-venture ed il trasferimento tecnologico per più
alti corsi di formazione con lo scopo di supportare fortemente lo sviluppo di
questi Paesi ed i loro ambiziosi piani per il futuro”.
Nel
gennaio 2015, in un’intervista al Gulf
Daily News, il manager del gruppo britannico Bae Systems, Alan Garwood, ha inoltre rivelato che
il consorzio Eurofighter era pronto a chiudere una trattativa con il regime di
Manama per la fornitura di 12 caccia multiruolo “Typhoon”. La struttura
societaria del consorzio Eurofighter GmbH con sede a Monaco di Baviera è
controllata per il 46% dal Gruppo Eads-Casa, per un altro 33% da Bae Systems e per
il restante 21% da Alenia Aeronautica (Finmeccanica). Il cacciabombardiere di
produzione europea è già stato venduto all’Arabia Saudita (i 32 velivoli consegnati
tra il 2008 ed il 2013 sono utilizzati in particolare per i devastanti
bombardamenti in Yemen); altri 12 esemplari sono stati ordinati dall’Oman
mentre 28
“Eurofighter Typhoon” prodotti direttamente da Alenia-Finmeccanica saranno presto
consegnati alle forze armate del Kuwait.
Le relazioni militari tra
Italia e Bahrain sono regolate in base all’accordo firmato lo scorso 22 aprile dai ministri della difesa Roberta Pinotti e Yusuf
bin Ahmed Al Jalahma. “Italia e Regno del Bahrain sono accomunati da una
concordanza di vedute su molti temi e scenari dell’attualità internazionale”,
riporta il comunicato emesso dal Ministero della difesa. “Con l’accordo siglato
dal Ministro Pinotti e dal suo omologo Al Jalahma, è stata definita la cornice
necessaria a inquadrare le diverse iniziative che coinvolgeranno le Forze
armate con l’obiettivo di incrementare la cooperazione bilaterale, consolidare
le rispettive capacità difensive e migliorare la comprensione reciproca sulle
questioni della sicurezza”. I settori per concretizzare la partnership bilaterale
spaziano dalle “attività di carattere formativo e addestrativo e sulla
sicurezza marittima e di contrasto alla pirateria” alle “operazioni umanitarie
e di mantenimento della pace”.
Nessun
timore da parte italiana invece per l’ambiguo ruolo giocato dal Bahrain negli scenari
di guerra internazionali (e in particolare nella crociata occidentale contro il
califfato) o, peggio ancora, per le gravissime violazioni dei diritti umani perpetrate
dalle autorità nazionali. Il 25 novembre, un reportage del giornalista Sayed Ahmed
Al Wadaeinov, pubblicato sul New York
Times, ha stigmatizzato i legami di ampi settori dell’establishment governativo
con l’Isis e alcuni gruppi jihadisti. “Uno dei maggiori membri dello Stato
islamico giunti dal Bahrain, il predicatore Turki al-Binali, proviene da una
famiglia strettamente alleata con la famiglia reale dei Khalifa”, scrive Al
Wadaeinov. “Altri combattenti provengono direttamente dalle forze di sicurezza
del Bahrain. Un altro membro della famiglia Binali che ha raggiunto lo Stato
islamico, Mohamed Isa al-Binali, è un ex ufficiale del Ministero dell’interno. Egli
lavorava nel centro penitenziario di Jaw, tristemente noto per il
sovraffollamento e la sua durezza. Una persona che è stata detenuta in questa
prigione ha raccontato di aver visto Binali partecipare alle torture contro un
giovane scita, non molto prima che l’ufficiale sparisse nel 2014 per raggiungere
lo Stato islamico”.
Il
regime degli al-Khalifa ha scatenato una violenta offensiva contro le
opposizioni in risposta alle manifestazioni anti-regime che nel febbraio 2011 videro
protagoniste migliaia di cittadini di confessione scita. Il re Hamad bin Isa al-Khalifa
dichiarò lo stato di emergenza e il 14 marzo 2011, le truppe dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti invasero
il Bahrain per sostenere il governo nelle azioni repressive contro i
manifestanti. Durante gli scontri furono assassinati più di un centinaio di persone
e, secondo una coalizione di organizzazioni non governative locali, ad oggi
sarebbero stati più di 4.000 gli oppositori incarcerati dal regime, in buona
parte intellettuali, insegnanti, studenti e giornalisti. Meno di una settimana
fa, il fotoreporter Sayed al-Mousawi è stato condannato a dieci anni di reclusione e alla revoca
della cittadinanza per aver ripreso con un cellulare le violente cariche contro
i manifestanti. Per le sue denunce sui presunti
legami tra i militari del Bahrain e lo Stato islamico, l’avvocato Nabeel Rajab, noto per le sue campagne in difesa dei diritti
umani, è stato incarcerato invece per sei mesi.
“Quattro anni dopo la rivolta del 2011, la repressione
resta diffusa e le violazioni dei diritti umani da parte delle forze di
sicurezza - tra cui torture, detenzioni arbitrarie e l’uso eccessivo della
forza - proseguono senza sosta”, scrive Amnesty International nel suo ultimo
rapporto sul Bahrain. “Le autorità del paese hanno continuato a esercitare il
potere attraverso una crudele repressione nei confronti del dissenso; attivisti
pacifici e oppositori del governo continuano a essere arrestati e condotti nelle
prigioni. Nella capitale Manama, tutte le proteste in pubblico sono proibite da
circa due anni. Quelle organizzate fuori dalla capitale sono regolarmente
interrotte dalla polizia con l’uso di gas lacrimogeni e fucili caricati con
pallini da caccia, e terminano con feriti gravi o morti tra i manifestanti. Altri manifestanti hanno denunciato di essere stati
picchiati con brutalità, torturati e minacciati fino a confessare presunti
reati con la forza”. Amnesty ha inoltre rilevato come siano state introdotte di
recente leggi particolarmente restrittive sulle associazioni politiche “per
permettere alle autorità di sospenderne le attività, chiuderle o partecipare ai
loro incontri con organizzazioni straniere o rappresentanti del governo”. Per impedire
il monitoraggio sulla situazione dei diritti umani, sono stati drasticamente ridotti
i visti d’ingresso nel paese per gli operatori di Ong e per i giornalisti
stranieri.
Forte preoccupazione per la situazione interna è stata
espressa pure dalla Commissione
per i diritti umani delle Nazioni Unite. In una dichiarazione del 18 settembre 2015, il suo portavoce, l’ambasciatore
svizzero Alexandre Fasel, ha rilevato come “nonostante alcune piccole migliorie
introdotte di recente come la nomina di un difensore civico o la creazione di
una commissione per i diritti dei detenuti”, in Bahrain esiste un “grave
deficit di tutela per quanto riguarda i diritti fondamentali: violazioni sistematiche della libertà di
opinione e di associazione; mancata garanzia di giusto processo; condizioni di
detenzione inadeguate; detenzione di minori per reati di opinione o di piazza;
segnalazione di casi di tortura e di trattamenti degradanti non penalmente
perseguiti”.
Ciononostante, un mese fa
ha presentato la propria candidatura alla guida della FIFA, la federazione calcistica internazionale, lo sceicco Salman
Bin Ebrahim al-Khalifa, capo del governo del Bahrain e presidente dell’Asian
Football Confederation dal 2 maggio 2013. Salman al Khalifa ha ricoperto un
ruolo chiave nell’organizzazione della brutale repressione avviata dopo le manifestazioni
popolari del febbraio 2011. In una lettera aperta alla FIFA, il Bahrain Institute for Rights and
Democracy ha denunciato come lo sceicco, in particolare, abbia “sistematicamente
colpito e perseguitato gli atleti che hanno preso parte alle proteste contro il
governo”. Secondo l’Associated Press,
nel 2011 più di 150 tra atleti, allenatori e arbitri sono stati incarcerati
dopo che una speciale commissione della federazione calcio del Bahrain,
presieduta da Salman al Khalifa, li aveva identificati nelle foto tra i manifestanti.
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