Lampedusa, un avamposto di guerra nel Mediterraneo
La punta più avanzata nel
Mediterraneo del dispositivo bellico italiano e Nato, centro d’intelligence e
spionaggio e potenziale trampolino di lancio per i raid aerei in Nord Africa.
Mentre mass media e politici offrono di Lampedusa l’immagine di un remoto
territorio sotto assedio e le aziende e le cooperative sociali si spartiscono il
business dei centri detentivi di migranti e richiedenti asilo, l’isola delle
Pelagie è stata segretamente convertita in uno degli avamposti militari e strategici
più moderni e aggressivi. Lo scalo aereo civile, recentemente ampliato e
ammodernato, è utilizzato dai velivoli cargo, dai cacciabombardieri e dagli elicotteri
delle forze armate italiane e dagli aerei-spia di Frontex, la famigerata agenzia
europea di sorveglianza e “contenimento” dei flussi migratori. Le aree portuali
e le coste sono presidiate da navi da guerra della Marina e dalle imbarcazioni veloci
della Guardiacoste, della Guardia di finanza e dei Carabinieri. Jeep e furgoni
blindati scorazzano per le vie del centro e i sentieri tracciati all’interno
delle aree naturali e paesaggistiche d’incomparabile bellezza; gli innumerevoli
cartelli gialli con la scritta Zona
militare Divieto di Accesso Sorveglianza armata sui portoni di antichi edifici
trasformati in caserme; i fili spinati e le reti che delimitano presidi e
impianti vetusti o super sofisticati per le guerre elettroniche; selve –
ovunque - di tralicci, antenne di telecomunicazione e radar che bombardano l’etere
di pericolosissime onde elettromagnetiche.
La zona più intensamente
militarizzata, con ben quattro grandi infrastrutture destinate alle operazioni d’intelligence,
è senza alcun dubbio la punta occidentale di Lampedusa, un tempo occupata dai tralicci
che sostenevano l’antenna di 190,5 metri d’altezza della stazione Loran C della
Guardia Coste degli Stati Uniti d’America, target mancato degli Scud libici
lanciati nell’aprile del 1986 in ritorsione ai ripetuti attacchi aerei di Washington
su Tripoli e Bengasi. A Capo Ponente ci sono antenne radar, ponti radio e telecomunicazione;
nella contigua area di Albero Sole, una serie di fabbricati che ospitano
attrezzature top secret e centrali elettriche, la grande base radar dell’Aeronautica
(oltre 2,900 metri quadri di superficie), una stazione della Marina militare, le
postazioni di avvistamento avanzato (reporting
post) per intercettare e analizzare le frequenze, le caratteristiche e le
procedure delle trasmissioni radio, vocali e radar “nemiche” e “alleate”. Centro
d’eccellenza è la Stazione della 4^ Squadriglia AES (Analisi ed Elaborazioni
Speciali) dell’Aeronautica Militare, preposta all’individuazione e alla
raccolta di tutte le emissioni elettromagnetiche d’interesse strategico e alla
guerra elettronica. Nello specifico, le sofisticate apparecchiature
in dotazione dell’AES sono in grado di rilevare i segnali elettromagnetici emessi dalle
strumentazioni nemiche (Signal
Intelligence – SIGINT), identificare
le emissioni diverse dalle comunicazioni radio (Electronic
Intelligence – ELINT), ottenere informazioni su come operano i
sistemi di guerra elettronici e testare le loro capacità di risposta. “Le attività
ELINT sono ad alto livello di segretezza e comprendono pure la raccolta di dati
relativi alle emissioni radar, dei centri di comando e controllo, dei sistemi
di difesa aerea e di guida missili installati a terra o imbarcati su aerei o
navi”, riportano i manuali delle forze armate. I dati intercettati a Lampedusa sono
poi inviati per la loro elaborazione al Reparto Supporto Tecnico Operativo
Guerra Elettronica (Re.S.T.O.G.E.) di Pratica di Mare, transitato dal 1°
dicembre 2013 alle dipendenze della neocostituita 9^ Brigata Aerea Intelligence, Surveillance, Target
Acquisition and Reconnaissance - Electronic Warfare (ISTAR-EW). Come specificato
dal ministero della Difesa, questa importante brigata dell’Aeronautica ha il
compito di “fornire il supporto operativo di guerra elettronica attraverso
attività tecniche ed addestrative finalizzate a migliorare l’autoprotezione
degli aeromobili e ad assicurare una tempestiva risposta alle evoluzioni della
minaccia presente in uno scenario operativo”.
Sempre nel settore dell’intelligence
militare, dal 12 gennaio 2007 opera a Lampedusa il 9º Nucleo
controllo e ricerca (N.C.R.) che ha assorbito le attività sino ad allora svolte
dal 7° Distaccamento autonomo interforze (D.A.I.). Il 9° N.C.R. dipende dal
Centro Intelligence Interforze di Castel Malnome, Roma, a sua volta subordinato
con la Scuola interforze intelligence-guerra elettronica (S.I.I./G.E.) al 2°
Reparto informazioni e sicurezza dello Stato
maggiore della difesa che ha unificato e posto sotto il proprio controllo le
diverse strutture di spionaggio delle forze armate italiane.
L’Aeronautica militare è presente a Lampedusa dal 1958
con un Teleposto Telecomunicazioni e una Stazione di Meteorologia. La prima
grande installazione radar è entrata in funzione nel 1983, mentre tre anni
dopo, a seguito
della crisi Usa-Libia, fu costituita nell’isola la 134ª Squadriglia Radar, con
lo scopo di garantire la sorveglianza e il controllo dello spazio aereo in
ambito nazionale e Nato. Nel 1993 fu attivato pure un Distaccamento per il
supporto logistico, tecnico e amministrativo di tutti gli enti dell’Aeronautica
militare, attualmente ospitato in alcune palazzine nella parte sud-orientale
dell’isola, adiacenti al sedime dell’aeroporto civile. Nel 1998 la sala
controllo della 134^ Squadriglia radar, collocata geograficamente con i suoi
sensori nell’area già occupata dalla Stazione Loran Usa, ha assunto la configurazione
di sensore remoto con riporto dei data link al 34° Gruppo Radar di Noto - Mezzogregorio
(Siracusa) e ai centri operativi del Gruppo Riporto e Controllo Difesa Aerea di Poggio Renatico (Ferrara)
e del 22º Gruppo Radar di Licola (Napoli).
Da qualche mese l’Aeronautica
ha sostituito il suo radar di sorveglianza FADR (Fixed Air Defence Radar) RAT 31-SL (operante in banda
S con emissioni da 2 a 4 GHz) con il modello RAT 31-DL (operante in banda D con emissioni da
1 a 2 GHz). “L’operazione fa parte di un programma nazionale di sostituzioni per
liberare le frequenze della banda D e renderle disponibili per le comunicazioni dei
dispositivi WiMax”, spiega il prof. Massimo Coraddu, il fisico sardo co-autore
dello studio del Politecnico di Torino che ha documentato i gravi rischi per la
salute umana e il traffico aereo delle emissioni del sistema satellitare MUOS
di Niscemi. “I due diversi modelli di radar RAT sono stati realizzati dall’industria
italiana Selex (Finmeccanica) ed emettono impulsi di microonde molto brevi e
di elevata potenza.
Il RAT 31-DL ha una potenza
media di 2,5 KW e forma brevi impulsi in cui la potenza concentrata è di 84 KW.
Del radar RAT 31-SL non è invece
nota la potenza media, mentre sappiamo che ha una potenza concentrata di 155 KW.
Purtroppo non sono pubblici altri dati radiotecnici indispensabili per un’accurata
analisi delle emissioni e né i militari e né Selex hanno fornito le previsioni
sui livelli di irraggiamento nel territorio circostante”.
Secondo un primo censimento
delle sorgenti elettromagnetiche presenti a Lampedusa effettuato da Massimo
Coraddu e dall’Associazione culturale “Askavusa”, oltre al nuovo FADR RAT
31-DL nella zona occidentale dell’isola sono operativi pure due radar di
sorveglianza costiera, un radar GEM e un radar EL-M 2226 prodotto
dall’azienda israeliana ELTA-System di cui esiste un esemplare
identico anche a Capo Grecale. “Ad Albero Sole sono presenti inoltre numerose antenne
operanti su bande diverse e altri dispositivi non chiaramente identificabili, tra
cui una cupola che potrebbe ospitare un altro radar”, spiega Coraddu. “Altri
due radar per la sorveglianza costiera si trovano nel vicino sito della Marina militare.
Le caratteristiche tecniche di questi dispositivi non sono note ma nel 2014 la
Marina ne ha proposto la sostituzione con due nuovi radar, sempre per la
sorveglianza costiera, il Gabbiano T200C e il
RASS CI (Radar
di Scoperta di Superficie), entrambi prodotti da Selex. Nello
studio di fattibilità ambientale fornito dall’azienda italiana, ci sono alcuni
dati tecnici solo per il primo modello radar (frequenza 9.1-9.7 GHz, potenza
media 215 W, potenza di picco 3.45 KW, guadagno d’antenna 28.5 db). In base
alle nostre conoscenze è però verosimile che il RASS CI sia molto più
pericoloso del Gabbiano T200C: si tratta infatti di una versione costiera del radar
RASS C imbarcato nelle unità militari, come si deduce dalla presentazione fatta
da Selex alla fiera internazionale degli armamenti di Bourget 2011”.
Nella parte restante dell’isola ci sono però altri pericolosi
dispositivi emittenti: ripetitori radiotelevisivi e per la
telefonia cellulare, trasmettitori VHF per le comunicazioni in mare e per
quelle aeroportuali, il radar per la sorveglianza costiera avanzata EL-M 2226 di
Capo Grecale installato dalla Guardia di finanza all’interno di un’area di
proprietà del Comune di Lampedusa e Linosa affidata in concessione a Telecom. “I
radar EL-M 2226 sono stati acquistati in Israele grazie al Fondo per le
frontiere esterne Ue 2007-13 e dovevano essere attivati pure in tre località sarde
e a Capo Murro di Porco a Siracusa, ma le proteste popolari e ben tre sentenze del
Tar di Cagliari hanno costretto la Guardia di finanza a rimuovere gli impianti
e congelare sine die il programma finalizzato ad un impiego militare contro i migranti”,
ricorda Giacomo Sferlazzo di “Askavusa”. “Il radar di Capo Grecale emette un’energia
estremamente concentrata in un fascio ristretto (EPR
- Equivalent Power Rate)”, allerta il
prof. Coraddu. “A prima vista, la potenza di 50 W dell’EL-M 2266 israeliano potrebbe
apparire bassa, ma questa impressione è erronea. Per ottenere la potenza
equivalente emessa nella direzione del fascio, bisogna moltiplicare infatti i
50 W per il guadagno d’antenna di 37-38 db, che equivale a un’amplificazione di
10G/10, cioè 5.000 - 6.000 volte maggiore. Nella direzione di emissione, l’intensità del fascio equivarrà
dunque a 250-300 KW”.
Lampedusa, la sua
popolazione, la flora e la fauna sono senza alcun dubbio le vittime inconsapevoli
di un insostenibile inquinamento elettromagnetico, colpevolmente ignorato o
occultato dalle autorità militari e sanitarie e dagli amministratori locali e
regionali. “Dato il gran numero di sorgenti diverse, tutte di notevole
intensità e la piccola superficie a disposizione, l’isola di Lampedusa presenta
una densità molto alta e del tutto inusuale di emissioni elettromagnetiche”,
denuncia il prof. Coraddu. “Sono state già evidenziate situazioni critiche,
duplicazioni di funzioni (si pensi che sono presenti perlomeno sei radar di
sorveglianza costiera da terra), mentre di molti dispositivi non sono note le
caratteristiche radioelettriche e non è mai stata fatta una stima delle loro
emissioni. La situazione appare in larga misura fuori controllo. Non esiste
un’anagrafe completa e organica delle sorgenti elettromagnetiche operanti e
della loro collocazione. Sarebbe quanto mai necessario uno studio di tutte le
sorgenti, del loro irraggiamento complessivo, dei possibili effetti sulla
salute della popolazione e sull’ambiente naturale, per procedere poi a una
riduzione delle emissioni e alla ridistribuzione delle sorgenti in modo da
evitare, per quanto possibile, le situazioni di rischio”.
“La proliferazione del tutto ingiustificata e con
effetti pericolosissimi per la salute della popolazione, il territorio e
l’ambiente, di sistemi radar e telecomunicazione militare e delle antenne della
telefonia cellulare, localizzati vicinissimi agli abitati o in luoghi
utilizzati per attività ecoturistiche, pregiudicando l’immagine e le attività
socioeconomiche dell’Isola”, afferma Annalisa D’Ancona, rappresentante legale
dell’Associazione “Askavusa”. “Il preoccupante quadro epidemiologico registrato
dalle autorità sanitarie e dai ricercatori tra la popolazione lampedusana, con
un’alta incidenza di alcune forme tumorali, ben al di sopra delle medie
regionali, impone l’adozione immediata di misure che riducano drasticamente
l’inquinamento elettromagnetico. Per questo, in occasione della mobilitazione
antirazzista del 1° maggio abbiamo lanciato una sottoscrizione popolare per
chiedere alle autorità militari e alle compagnie telefoniche di eliminare i
radar, gli impianti di guerra elettronici e le infrastrutture telefoniche che
svolgono funzioni analoghe e di di bloccare tutti i nuovi insediamenti
previsti nell’isola. All’Amministrazione comunale chiediamo invece di varare un
regolamento che imponga il rispetto dei limiti di legge alle esposizioni
elettromagnetiche e vieti la presenza di fonti di emissioni in vicinanza di
asili, scuole, presidi sanitari e nei pressi del centro abitato”.
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