Triton 2. Bruxelles e Roma contro i migranti
Sino
ad ora di vite umane nel Mediterraneo, l’operazione “Triton” di Frontex-Ue ne
ha salvate davvero poche, ma in compenso di soldi ne ha già divorati tanti e
ancora più ne divorerà nei prossimi mesi. La Commissione europea ha deciso
infatti di prorogare sino alla fine del 2015 l’ambiguo programma di “sorveglianza”
(e, in seconda battuta, di “salvataggio”) delle imbarcazioni dei migranti nelle
acque limitrofe alla Sicilia e Malta, stanziando una dotazione aggiuntiva di 18.250.000
euro.
“Triton”
ha preso il via il 1º novembre 2014 nel Mediterraneo centrale a seguito della
decisione del governo italiano di porre termine all’operazione militare “Mare
Nostrum”, troppo dispendiosa e incapace a contenere il flusso d’imbarcazioni di
migranti e richiedenti asilo. Nonostante una spesa stimata di 2,83 milioni al
mese, “Triton” ha a sua disposizione solo 65 “agenti” e 12 mezzi militari (due
aerei, un elicottero, due navi di pattuglia in mare aperto, sei pattugliatori
costieri e una motovedetta), messi a disposizione da Italia, Malta e Islanda. L’area
operativa delle unità copre le acque territoriali italiane e solo parzialmente
le zone SAR (search and rescue) di
Italia e Malta, per un raggio di appena 30 miglia nautiche. Gli interventi sono
coordinati dal ministero degli Interni italiano in collaborazione con i Comandi
della Guardia di finanza e della Guardia costiera, mentre l’agenzia Frontex fornisce
cinque team per la raccolta dei dati d’intelligence sui network di trafficanti
che operano nei paesi di origine e di transito dei migranti. Quindici paesi europei
(Austria, Finlandia, Francia, Germania, Islanda, Lettonia, Malta, Norvegia, Olanda,
Polonia, Portogallo, Romania, Spagna, Svezia e Svizzera) contribuiscono con attrezzature
elettroniche ed equipaggiamenti alle operazioni dei mezzi di “Triton”.
La
Commissione europea ha poi deciso di potenziare la sua assistenza a favore dell’Italia
tramite nuovi fondi di emergenza con 13,7 milioni di euro provenienti dal Fondo
Asilo, migrazione e integrazione (Amif). L’Italia ha già ricevuto dall’Unione
europea più di 150 milioni di euro nell’ambito del Fondo sicurezza interna per
le frontiere e 30 milioni per l’emergenza migrazioni post ottobre 2013 (10
milioni nel quadro del Fondo europeo per i rifugiati, 7,9 milioni per il “consolidamento
delle operazioni congiunte di Frontex” nel Mediterraneo e 12 milioni per il
controllo delle frontiere esterne e i rimpatri dei migranti). L’Italia,
nonostante le recriminazioni di buona parte delle forze politiche di
maggioranza e opposizione, si conferma così come il maggiore beneficiario dei
finanziamenti Ue nel campo della lotta alle migrazioni. Nel periodo 2007-2013 ha
ricevuto da Bruxelles 478,7 milioni di euro nell’ambito dei fondi europei per i
rifugiati, di quelli per “l’integrazione dei cittadini di Paesi terzi”, per i
rimpatri e il controllo delle frontiere esterne. Per il periodo 2014-2020, Roma
ha ottenuto l’impegno Ue allo stanziamento di 310 milioni dal Fondo asilo,
migrazione e integrazione e di 212 milioni dal Fondo per la sicurezza interna. Le
autorità italiane hanno presentato un’ulteriore richiesta di finanziamenti per
l’accoglienza e l’assistenza dei minori stranieri non accompagnati (11,95
milioni) e la continuazione del progetto “Presidium”, realizzato congiuntamente
all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), l’Organizzazione
Internazionale per le Migrazioni (Oim), Save the Children Italia e la Croce Rossa
(1,715 milioni). “Presidium” si occupa principalmente delle procedure attivate
al primo arrivo dei migranti, specialmente in Sicilia, tra cui la prima
accoglienza, gli esami medici, le informazioni giuridiche e il sostegno
speciale per richiedenti asilo vulnerabili e minori non accompagnati, nonché
del monitoraggio delle condizioni di accoglienza nei centri che ospitano i richiedenti
asilo.
“Contro le migrazioni illegali, la soluzione europea è
l’unica possibile”, ha dichiarato il primo vicepresidente della Commissione Ue,
Frans Timmermans. “Ci stiamo adoperando a fondo per mettere a punto un
approccio globale nell’ambito di una nuova agenda europea sulla migrazione da
presentare entro l’anno”. Prevedibilmente, le scelte di Bruxelles punteranno a
rafforzare la pressione militare nel Mediterraneo onde impedire le partenze dal
Nord Africa delle imbarcazioni. Dopo la strage del 2 ottobre 2013 di 366
migranti al largo delle coste di Lampedusa, la Commissione europea ha istituito
la Task-Force “Mediterraneo”, incaricata di mettere a punto “azioni operative
concrete”, a breve e medio termine. Nella sua comunicazione sull’attività della
task force, approvata dal Consiglio europeo nel dicembre 2013, la Commissione
ha delineato alcune linee d’intervento congiunto, finalizzate ad una “maggiore
cooperazione con i Paesi terzi per impedire che i migranti intraprendano viaggi
pericolosi verso l’Ue”; alla “protezione regionale, il reinsediamento el’
ingresso legale in Europa”; alla lotta contro la tratta e la criminalità
organizzata; al “rafforzamento della sorveglianza delle frontiere”. Con l’escalation
del conflitto in Libia e la presunta crescita della presenza in questo paese di
gruppi armati vicini ad al Qaida o filo-Isis, ampi settori politici e delle
forze armate europee spingono verso il dispiegamento di dispositivi militari a
presidio delle coste nordafricane e perfino sulla terra ferma. Una delle
ipotesi al vaglio degli strateghi delle future crociate contro i migranti è
quella di dar vita a una “Mare Nostrum 2” europea e Nato, con rotte e finalità
del tutto differenti da quelle utilizzate dalle Marina italiana nel 2014. “Nessuno sembra comprendere che il solo modo
per scongiurare i morti in mare è respingere i flussi di migranti applicando
una sorta di blocco navale alle coste libiche e utilizzando i mezzi militari
per riportarli indietro in condizioni di sicurezza”, suggerisce Gianandrea
Gaiani, direttore di Analisi Difesa. “Solo
i respingimenti assistiti possono fermare esodo e morti, azzerando o quanto
meno riducendo i flussi e gli incassi miliardari di malavita araba e terrorismo
islamico. Un’ottima idea è ripristinare Mare Nostrum ma con una missione
opposta a quella ricoperta l’anno scorso, affidando cioè alla Marina il
compito di scortare barconi e immigrati illegali sulle coste libiche. Come fa
da tempo la Marina australiana con le imbarcazioni di clandestini provenienti
dall’Indonesia…”.
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