Mare Nostrum, Triton e la militarizzazione del Mediterraneo
L'operazione Triton era
nata come missione di sostegno e accompagnamento a Mare Nostrum, su esplicita
richiesta dell'Italia, come ha precisato Cecilia Malmstrom in un documento
ufficiale della Commissione Europea. Il governo italiano, invece, ha deciso di
venire meno all'impegno assunto con Mare Nostrum relativo al soccorso in mare
dei migranti da parte delle forze navali italiane, per lasciare spazio al solo
Triton, che è invece una missione di 'controllo della frontiera' e che
espressamente rimanda ai singoli stati membri della UE il compito di proteggere
le persone in mare.
Voices of Lampedusa, curata dalla giornalista e
fotoreporter Alessia Capasso, pubblica una serie d’interviste con alcuni
esperti che hanno studiato in profondità gli effetti delle politiche europee
sulla vita di una piccola isola del Mediterraneo.
Iniziamo con un’intervista con Antonio Mazzeo, un peace-researcher e giornalista italiano che ha pubblicato numerosi
saggi sui conflitti nell’area mediterranea e sulal violazione dei diritti
umani. Ha ricevuto il "Premio G. Bassani - Italia Nostra 2010",
premio per il giornalismo e ha iniziato a lavorare come esperto sui processi di
militarizzazione con il Collettivo Askavusa di Lampedusa (Lampedusa Askavusa Collective), che è
impegnato in diverse lotte nell’area. L’installazione di un nuovo radar
militare nell’isola un paio di mesi fa, giustificato con la necessità di
monitorare le rotte dei migranti, ha generato numerose proteste tra i
cittadini. A partire da Triton, la nuova operazione di Frontex,abbiamo toccato
una serie di questioni in modo da avere un quadro più chiaro della relazione
tra le politiche migratorie dell’Unione europea e il processo di militarizzazione
nel Mediterraneo.
La fine di Mare Nostrum ha già
suscitato del rimpianto da parte di molte organizzazioni umanitarie, Ong e
associazioni. Crede che il soccorso effettuato esclusivamente da forze militari
fosse il più corretto da offrire alle persone salvate in mare?
Continuo a con comprendere e ovviamente a condividere i “rimpianti” e gli
elogi di Mare Nostrum espressi da Ong, associazioni per i diritti umani,
operatori sociali, ecc. Aldilà delle mistificazioni e della propaganda del
Governo e delle forze armate, dove le mere individuazioni e le scorte delle
imbarcazioni e i migranti e richiedenti asilo nel Mediterraneo si sono
trasformate in “salvataggi di decine di migliaia di vite umane”, mentre si è
continuato ad occultarne i costi finanziari insostenibili e quelli che erano
gli scopi originari con cui l’operazione fu pensata. Non va assolutamente
dimenticato, infatti, come varando l’imponete dispositivo aereonavale in quello
che doveva tornare ad essere il “mare nostrum”, il governo puntava a impedire
il più possibile le partenze dalle coste africane, a proiettare il più
possibile a Sud la frontiera nazionale (si veda l’uso dei droni italiani sino
ai confini tra la Libia, il Ciad e il Sudan), a legittimare il ruolo delle FFAA
in funzioni di ordine pubblico e contenimento della “minaccia immigrazione”, a ottenere
contributi finanziari dalla Unione europea come compensazione dello sforzo
militare, a offrire nuove opportunità di investimento al complesso militare-industriale-finanziario,
ecc.). Alla fine buona parte di questi obiettivi sono falliti, con l’ulteriore
beffa che non potendo di certo sparare contro le imbarcazioni dei migranti,
consegnare questi ultimi ai militari nordafricani o tanto meno tentare
pericolosissime manovre di contenimento dei flussi, le grandi unità da guerra
delle Marina si sono trasformate in unità di “salvataggio” e trasporto in
Sicilia di coloro che si speravano di respingere o dissuadere a partire. Da
qui, l’esigenza del Governo di trovare una via d’uscita la più possibile
onorevole. Ed ecco il pressing su Bruxelles e Frontex e ora l’ibrido di
Triton…
Alcuni ritengono che Mare Nostrum
fosse il tassello di un progetto più ampio, già destinato a sfociare in Triton,
e nato sotto sembianze 'umanitarie' per soddisfare i malumori dell'opinione
pubblica italiana ed europea a seguito della tragedia del 3 ottobre. Qual è il
suo punto di vista?
Sì originariamente c’era anche l’intenzione di rafforzare il controllo militare
internazionale nel Mediterraneo, sotto la bandiera Nato e/o Ue, in una logica
di nuova guerra alle migrazione e ai migranti. Come dicevo prima, però,
l’Italia dopo aver provato a fare la prima della classe si è trovata
sostanzialmente sola, immagino perché le forze armate e i governi dei paesi
europei partner hanno capito da subito che un’operazione simile sarebbe fallita
nei suoi obiettivi oppure avrebbe prodotto l’effetto boomerang di rendere meno
complicati e rischiosi gli spostamenti di migranti nel Mediterraneo. Triton non
è altro che una mediazione al ribasso ottenuta a Bruxelles da Renzi, Alfano e
Pinotti per ridimensionare le spese e gli “impegni” delle FF.AA. sul fronte
“lotta alla migrazione”. Date le diffidenze e le divisioni esistenti in ambito
europeo su Triton, la diserzione di paesi importanti dalla nuova missione (vedi
Gran Bretagna, ad esempio), l’indeterminatezza degli scopi reali, delle regole
“d’ingaggio” e dei centri di comandi e coordinamento, dei suoi costi e della
ridistribuzione delle spese e delle funzioni in ambito internazionale, ecc. è
possibile presagire tempesta all’orizzonte.
In base alla sua esperienza sui temi
della militarizzazione, ritiene che Triton contribuisca al processo di
militarizzazione del Mediterraneo? In che modo?
Triton è un’operazione militare, gestita in ambito militare e da attori militari.
Essa necessita di contributi militari e nuove tecnologie di guerra (navi e
aerei, pattugliatori, sistemi aeronavali, velivoli senza pilota, sistemi radar
e satellitari, ecc.). Ne consegue che l’operazione non potrà che rafforzare i
processi di militarizzazione di questa importantissima area geostrategica, dove
le nuove guerre alle migrazioni si sommano ai tantissimi conflitti esistenti da
decenni e alle strategie di dominio neocoloniale dell’Occidente.
Quale ruolo giocano Lampedusa e la
Sicilia in generale nello scacchiere internazionale?
Lampedusa è stata per decenni uno dei più importanti “occhi” Usa e Nato
puntati sul Nord Africa, una “punta avanzata” aggressivamente proiettata contro
la Libia di Gheddafi, ecc. La piccola isola ha ospitato un’importante stazione di
telecomunicazione (la Loran C) di proprietà e uso esclusivo della Guardia coste
Usa, molto probabilmente utilizzata anche per funzioni d’intelligence e spionaggio
internazionale dall’Agenzia supersegreta NSA. I vecchi e nuovi conflitti nel
Mediterraneo, e la stessa Triton che rilancia il ruolo di Lampedusa come “primo
porto” di sbarco e “lager-prigione” per migranti e richiedenti asilo, stanno
già comportando un rafforzamento nell’isola del dispositivo militare nazionale,
l’arrivo di nuovi “operatori” dell’agenzia Frontex, l’installazione di sempre
più sofisticati radar e centri di telecomunicazione, alcune delle quali
finanziati e integrati in ambito Nato.
Lei si è occupato molto dei radar
utilizzati da NATO e Difesa Italiana, anche al fine del controllo delle
frontiere. Quali sono le conseguenze che ha riscontrato sulle popolazioni
locali che abitano nei pressi di tali radar?
Le prime conseguenze negative sono di tipo paesaggistico-ambientale. Si
tratta sempre più spesso d’installazioni, infrastrutture di acciaio e cemento,
tralicci, antenne paraboliche, ecc, realizzati in luoghi dalla straordinaria
bellezza, talvolta pure inseriti all’interno di riserve naturali, siti
d’interesse comunitario, ecc. Ma radar e stazioni di telecomunicazioni sono
soprattutto vere e proprie bombe elettromagnetiche e sottopongono la
popolazione a pericolosissimi carichi di onde inquinanti, con gravissime
conseguenze in campo sanitario. Gli studi scientifici hanno provato l’alta
frequenza di malattie e gravi forme tumorali tra gli abitanti di Niscemi, dove
sorge la più grande stazione di telecomunicazioni della marina Usa nel
Mediterraneo e dove è state già installato il terminale terrestre del MUOS, il
nuovo sistema di telecomunicazione satellitare statunitense. Ma anche a
Lampedusa e Linosa i casi di cancro tra gli abitanti hanno ormai raggiunto
livelli estremamente preoccupanti se confrontati con il resto della Sicilia.
C’è qualcuno che può asserire che la selva di sistemi radar e dei sistemi della
telefonia cellulare non sia una delle
cause scatenanti di questa gravissima situazione sociosanitaria nelle Pelagie?
Quali ritiene che siano gli attori
principali a livello di Unione Europea interessati ad una presenza militare nel
Mediterraneo? E perché?
Francia, Spagna, Portogallo e Grecia
mi sembrano gli attori chiave, ma non
dimenticherei la Gran Bretagna che se da una parte boicotta Triton
dall’altra rafforza il proprio dispositivo aeronavale nel Mediterraneo o in
alcune basi greche. Ma c’è pure la Germania che punta a conquistarsi una
leadership anche in campo militare e aeronavale in sud Europa e che utilizza
con sempre più frequenza le basi aeree e i poligoni sardi per le proprie
esercitazioni ed operazioni extra-area. Poi c’è la piccola Slovenia, l’unico
paese Ue che ha fornito un simbolico supporto tecnico-logistico all’Operazione
Mare Nostrum. Dulcis in fundo i paesi no Ue ma a cui la Ue, Washington e la Nato affidano da anni compiti strageci
integrati nello scacchiere mediterraneo e mediorientale: Israele e la Turchia
in particolar modo, due potenze locali dove sono fortissimi i legami tra il
potere politico e il complesso militare-industriale.
Intervista a cura di Alessia Capasso, pubblicata in Cafébabel il 24 novembre 2014, http://www.cafebabel.co.uk/brussels/article/voices-of-lampedusa-part-1-interview-with-antonio-mazzeo.html
Article published on Nov. 24,
2014 - english
Voices of
Lampedusa, curated by photojournalist Alessia Capasso, gathers together a
series of interviews with those who are personally experiencing (or studying in
depth) the consequences of European policy on life on a small island in the
Mediterranean.
We'll begin
Voices of Lampedusa with an interview with Antonio Mazzeo, an Italian
peace-researcher and journalist who has published several essays on conflicts
in the Mediterranean area and on human rights violations. He received the
"Premio G. Bassani - Italia Nostra 2010" prize for journalism and
began working as a militarization expert with the Collettivo Askavusa di
Lampedusa (Lampedusa Askavusa Collective), which is involved in several
struggles in the area. The installation of new military radar on the island a few months ago, justified as
well by the need to monitor migrant routes, has led to numerous protests among
citizens. Starting with Triton, the new Frontex operation, we're back with a
series of questions in order to gain a clearer picture of the relationship
between EU migration policies and the process of militarization in the
Mediterranean.
Cafébabel: Based on your experience with issues surrounding militarization, do you
believe that Triton contributes to the militarization process in the
Mediterranean? In what way?
Antonio
Mazzeo: Triton is a military operation, managed by the military in a military
fashion. That necessitates military contributions and new warfare technologies
(ships and planes, patrol boats, aeronautical systems, unmanned
surveillance aircraft, radar and satellite systems). From this, it
follows that the operation can only reinforce the process of militarizing this
incredibly important geostrategic area, where the new wars on migration are
being added to so many decades-long conflicts, as well as the West's
neocolonial domination strategy.
Cafébabel: The end of Mare Nostrum is triggering regret on the part of many
humanitarian organizations. Do you believe that military rescue was perhaps the
correct way to help migrants?
Antonio Mazzeo: I continually do not understand
nor share in the “regrets” nor the praise of Mare Nostrum expressed by NGOs,
human rights associations, or social organizations. In addition to the
mystification and propaganda by the Government and armed forces,
the operation's unsustainable financial costs and original scope continue
to be hidden. With Mare Nostrum's aereonautically powerless plan, the
government aimed at preventing as many departures as possible from the coasts
of Africa by projecting national boundaries as far South as possible (witness
the use of Italian drones up to the borders of Libya, Chad and Sudan),
legitimizing the role of the Armed Forces in terms of public order and
containment of the “immigration menace." It was also aimed at
obtaining financial contributions from the European Union to compensate
military forces and offer new investment opportunities for the
military-industrial-financial complex. In the end, the big Navy war units were
transformed into a “rescue” operation and transported to Sicily in the hope of
turning back and dissuading departures. From that comes the Government's demand
to find the most honourable exit strategy possible. And so pressure on Brussels
and now the Triton hybrid. . .
Cafébabel: Is it possible that Mare Nostrum was a key step towards a larger project,
created to be seemingly 'humanitarian,' but already destined to escalate into
Triton?
Antonio Mazzeo: Yes, originally it was also
intended to reinforce international military control in the Mediterranean under
the Nato and/or EU banner, framed as a new war against migration and migrants.
Italy, after trying to do that first, found itself substantially isolated. I
imagine it was because the armed forces and the governments of European
partner countries understood right off that a similar operation would fail to
meet their objectives or would have produced the boomerang effect of making the
movement of migrants in the Mediterranean less complicated and risky. Triton is
none other than a reductive compromise that Renzi, Alfano and Pinotti obtained
in Brussels to curtail Armed Forces expenses and “commitments” in the
“struggle against migration.”
Cafébabel: What roles in general do Lampedusa and Sicily play on the international
scene?
Antonio
Mazzeo: Lampedusa has for decades been one the most important “eyes” of the USA and
Nato on North Africa, an “advanced point” aggressively projected against
Gaddafi's Libya. The small island hosted an important
telecommunications station (the Loran C), owned by and for the
exclusive use of the US Coast Guard, that was probably also utilized for
intelligence and international espionage operations by the NSA agency. Old and
new conflicts in the Mediterranean and this very Triton are reviving
Lampedusa's role as the “primary port” of disembarkment and “prison camp”
for migrants and asylum seekers, are already acting to reinforce national
military operations on the island, with the arrival of new Frontex agency
operators and the installation of ever more sophisticated radar and
telecommunications centres, some of which are financed and made up by NATO.
Cafébabel: There is a current protest on Lampedusa against the new radar installed
to monitor migrant routes. In the past, you have monitored the consequences of
radar on the local population. What are the risks?
Antonio Mazzeo: The first negative consequences
are of the landscape-environmental type. More and more, installations (steel
and cement infrastructure, transmission towers, parabolic antennae) are being
built in places of extraordinary beauty, sometimes right in the middle of
natural reserves and sites of community interest. In reality, radar and
telecommunications stations are electromagnetic bombs that subject the
population to extremely dangerous levels of toxic waves, with very serious
health consequences. Scientific studies have proven the high frequency of
illness and serious tumor formation among inhabitants of Niscemi, where the US
Navy's largest telecommunications station in the Mediterranean is located and
where the land terminal for MUOS, the new United States satellite
telecommunications system, has already been installed. On Lampedusa and Linosa
as well, cancer cases among inhabitants have now reached extremely worrisome
levels by comparison with the rest of Sicily. Is there anyone who can assert
that the jungle of radar and cellular telephone systems is not one of the
causes triggering this extremely serious public health situation in the Pelagie
Islands?
Cafébabel: Who do you believe are the principal actors in the European Union
interested in a military presence in the Mediterranean? And why?
Antonio Mazzeo: France, Spain, Portugal and
Greece seem to me to be the key actors, but we shouldn't forget Great Britain
that on the one hand is boycotting Triton while on the other, reinforcing its
own aeronautical projects in the Mediterranean or on some Greek bases. It's
only Germany that aims to conquer both military and aeronautical leadership in
Southern Europe and is more and more frequently using air bases in Sardinia for
their own extra-area exercises and operations. And then there is little
Slovenia, the only EU country that has furnished a symbolic
technical-logistical support to Operation Mare Nostrum. Last but not least, the
non-EU countries that the EU, Washington and Nato have for years entrusted with
integrated strategic functions on the Mediterranean and Middle Eastern
scene: Israel and Turkey in particular, two local powers where the links
between political power and the military-industrial complex are very strong.
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