CARA di Mineo: da laboratorio di politiche repressive a centro di sperimentazione per le transnazionali farmaceutiche
Suscita sconcerto la notizia dei 4.000 vaccini
destinati al Centro accoglienza richiedenti asilo di Mineo – il Cara più grande
d’Europa, già tristemente noto per le degradanti condizioni di vita a cui sono
sottoposti i suoi ospiti. Il gesto dell’assessore regionale alla salute, Lucia
Borsellino, che ha siglato l’accordo insieme all’amministratore delegato della
società Sanofi Pasteur Msd, Nicoletta Luppi e al presidente regionale di Croce
Rossa Italia, Rosario Valastro, è semplicemente agghiacciante. Si tratta di migliaia di dosi di vaccino
antitifico e mille test per la tubercolina da utilizzare sui migranti del
centro, forniti, tramite l’assessorato regionale alla Salute, dalla Sanofi Pasteur alla
Croce Rossa Sicilia, gestore sanitario del Cara di Mineo, in cui attualmente vivono in attesa di una risposta
alla loro richiesta d’asilo, oltre 3.800 rifugiati, per periodi di tempo che
nella maggior parte dei casi oscillano dai sei mesi fino ad arrivare agli inspiegabili
tempi biblici di due anni.
La Sanofi
Pasteur è un colosso dell’industri farmaceutica che conta circa 13.000
collaboratori (più del 50% dei quali nel comparto industriale) e 13 tra siti
produttivi e di ricerca. In Europa, Sanofi Pasteur è presente con Sanofi Pasteur
MSD, la joint-venture al 50% Sanofi e Merck. Da 14 anni, Sanofi Pasteur MSD detiene il monopolio nella
produzione e distribuzione di vaccini, essendo l'unica azienda europea
interamente dedicata a questo settore nel continente.
Il principio
delle vaccinazioni di massa, oltre a destare sconcerto, è altamente deleterio
anche da un punto di vista scientifico, in quanto ogni organismo ad uno stesso
principio agente reagisce in modo sempre differente. Non si può pensare di
vaccinare indiscriminatamente uomini, donne e bambini, ognuno con la sua
specifica predisposizione o resistenza. Inoltre, la logica dell’intero
intervento non regge fin dal principio: se ci sono casi di tifo a Mineo o se ne
paventa l’eventualità, va chiusa la struttura, non vaccinati in massa coloro
che loro malgrado vi abitano.
Per
quanto riguarda il test della tubercolina, è noto come la maggior parte dei
pazienti a cui viene somministrato abbia una reazione positiva. Il risultato positivo del test alla tubercolina, indica che il
paziente è venuto in contatto con il bacillo tubercolare, ma non che vi è al
momento uno stato di malattia attiva: infatti la positività del test
corrisponde ad una memoria immunologica che ci informa che in un momento della
nostra vita, generalmente in età scolare, si è venuti a contatto con il
bacillo, questo non vuol dire che il soggetto in questione sia malato di Tbc.
Per sapere, invece, se c’è uno stato di malattia bisognerà approfondire la diagnosi con ulteriori accertamenti, primo fra tutti una radiografia del torace. La negatività del test, viceversa, segnala che l’organismo non è mai venuto in contatto con il bacillo tubercolare, solo in questo caso è possibile una successiva vaccinazione. Applicare mille test potrebbe essere l’effetto e non la causa dell’apparizione di casi di tbc, quantomeno a livello mediatico, favorendo la diceria degli untori tra la popolazione residente in zona e gli addetti ai lavori del centro.
Per sapere, invece, se c’è uno stato di malattia bisognerà approfondire la diagnosi con ulteriori accertamenti, primo fra tutti una radiografia del torace. La negatività del test, viceversa, segnala che l’organismo non è mai venuto in contatto con il bacillo tubercolare, solo in questo caso è possibile una successiva vaccinazione. Applicare mille test potrebbe essere l’effetto e non la causa dell’apparizione di casi di tbc, quantomeno a livello mediatico, favorendo la diceria degli untori tra la popolazione residente in zona e gli addetti ai lavori del centro.
Le vaccinazioni di
massa, retaggio culturale di una biopolitica di tardo ‘800 che la stessa
scienza contemporanea ha abbandonato, è l’ennesimo esempio della
spersonalizzazione dei soggetti
migranti, utilizzati come carne da impiegare per test e sperimentazioni, per
meri scopi di profilassi sanitaria, un po’ come le disinfestazioni di massa nel
Cda di Lampedusa. Un meccanismo perverso
che utilizza il sempre disponibile alibi delle motivazioni umanitarie per fare in modo che qualsiasi negazione dei diritti –
come detenere in un regime di semi-libertà un individuo, privarlo di autonomia
nella gestione dei pasti e nelle risorse e da ultimo sottoporlo a prassi
mediche invasive- sia compiuta “a fin di bene” e per la protezione di un
soggetto dato già per “più debole” a priori.
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