Cresce la base Muos fra ipocrisie siciliane e ricatti romani
A
parole, tutte le forze politiche sono contrarie, in Sicilia, alle
pericolosissime installazioni Muos di Niscemi. Però a contrastarle lasciano
solo i ragazzi dei movimenti: difendono la terra e la pace coi loro corpi e con
le loro vite. E sono soli
Ci hanno messo di tutto. Il cuore. La rabbia.
Mille speranze. Le illusioni. Gli splendidi volti segnati dai tanti sorrisi e
pure dalle lacrime. Ma soprattutto ci hanno messo i corpi. Corpi che gli
apparati repressivi dello Stato hanno violato, ferito, sradicato dalla Madre
Terra che loro, i No MUOS di Niscemi, difendono dall’ultimo mostro della guerra
e della morte. Un’orgia di violenze, menzogne, tradimenti. Ministri, politici e
funzionari dalla lingua biforcuta. Promettono sospensioni ai lavori illegittimi
ma intanto alle imprese in odor di mafia assicurano il pass nella riserva naturale
convertita in base di distruzione di massa. Un territorio stuprato,
desertificato, avvelenato da un quarto di secolo dalle invisibili microonde. Mentre
intanto tanti altri corpi si piegano per le mutazioni genetiche e il cancro
infestante.
Un gelido inverno insonne. Presidi
no stop, sit-in, blocchi stradali, sabotaggi e invasioni simboliche. L’azione
diretta e la disobbedienza civile per testimoniare antiche verità. Per invocare
diritti e libertà. Per rifiutare l’inesorabilità della guerra globale e
permanente. Per riappropriarsi della sovranità della terra e dell’acqua, delle
cento specie della flora e della fauna che i superguerrieri del XXI secolo
vorrebbero estinte. Per costruire nuove soggettività e sperimentare pratiche politiche
dal basso, l’autogestione e il rifiuto delle deleghe in bianco. Per costruire
solidarietà, radicalità, percorsi e progetti di antimafia sociale. Migliaia di
giovani, donne, disoccupati e lavoratori precari che tornano nelle piazze a
chiedere pace, lavoro e giustizia.
I governi accecati
dall’arroganza e dallo stillicidio dei golpe bianchi dell’Italietta
contemporanea sono inamovibili. Il MUOS s’ha da fare, in nome della vecchia
amicizia con l’Impero a stelle e strisce e degli affari del complesso
militare-industriale-finanziario di casa nostra. Stracciando quel poco che
resta della Costituzione antifascista, negando il diritto alla vita, alla
salute, alla difesa del territorio e dell’ambiente. Violando leggi, decreti,
regolamenti, i principi di cittadinanza e perfino le fondamenta stessa della
democrazia formale.
Adesso a Roma non si può più
far finta che a Niscemi si è consumato l’ultimo strappo reazionario. Per i
parlamentari non ci sono più alibi: il Governo dei poteri forti ha la fiducia
delle grandi intese mentre il sommo presidente vigila a vita sul rispetto degli
accordi della Guerra fredda con il grande fratello d’oltreoceano. Eppure, paradossalmente, le partite sul MUOS,
i droni, gli F-35 e le famigerate basi USA e NATO, sono tutt’altro che
definite. I movimenti di opposizione alla militarizzazione crescono dalla Val
di Susa al Nord-est e alla Sicilia, mobilitando altri corpi e altri volti. Che
allora ci mettano almeno la faccia e un po’ più di coraggio quelle forze
politiche che si dicono vicine ai bisogni di cambiamento e partecipazione della
maggior parte degli italiani. Aprendo lo scontro nelle legittime sedi
istituzionali, le Camere, dove prima possibile devono essere imposti le
discussioni e il voto contro i nuovi programmi di morte, a partire appunto dal
MUOS, il sistema di telecomunicazioni satellitari che sancirà la trasformazione
della Sicilia in piattaforma avanzata per le guerre iper-tecnologiche -
disumanizzate e disumanizzanti - delle forze armate degli Stati Uniti
d’America.
All’Assemblea Regionale Siciliana,
il fronte politico-istituzionale anti-MUOS è stato unanime. La mozione per
imporre all’esecutivo la revoca a delle autorizzazioni ai lavori è stata votata
da tutti quei gruppi che oggi siedono al Governo nazionale o tra i banchi
dell’opposizione in Parlamento. Ci mettano la faccia allora e dicano se e
perché quello che si fa a Roma può essere il contrario di quello che si è fatto
a Palermo. I No MUOS non sono certo ingenui, sanno benissimo con chi hanno a
che fare. Lo hanno pagato a suon di manganellate e denunce. Ma hanno il
sacrosanto diritto a una risposta chiara. Non fosse altro per capire come e
dove estendere le pratiche di lotta e, in comunione con i movimenti sociali del
pianeta, continuare a difendere l’umanità dall’Olocausto finale.
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