Patto militare Italia-Israele. Un accordo scellerato e illegale
Il
Medio oriente è in fiamme. La Siria è in ginocchio, migliaia di profughi
fuggono in Libano, in Turchia, in Giordania. Tel Aviv mobilita le forze
terrestri, aeree, navali. Minaccia d’intervenire in Golan e di lanciare i suoi
missili e i suoi caccia contro decine di “obiettivi strategici” in Iran.
Intanto cannoneggia la striscia di Gaza e schiera carri armati e blindati alla
frontiera con il Libano. Scenari di guerra che non sembrano intimorire più di
tanto le forze politiche e il governo italiano. Quest’ultimo, anzi, trova pure
il tempo d’inviare a Gerusalemme una delegazione d’eccezione, il premier con
sei ministri, per il terzo summit intergovernativo in meno di due anni. Per
rafforzare la partnership politica e militare e moltiplicare affari e scambi
commerciali. Il comunicato ufficiale emesso lo scorso 25 ottobre è come sempre laconico.
“In
occasione del vertice Italia-Israele, al quale ha partecipato il Presidente del
Consiglio, Mario Monti, il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola ha
incontrato il suo omologo dello Stato di Israele, Ehud Barak. A conferma dei solidi rapporti di
amicizia e di collaborazione esistenti tra i due Paesi, sono stati approfonditi
i temi inerenti alla cooperazione industriale nel settore della Difesa”.
Il faccia a faccia tra i
ministri della guerra è stato preceduto da una serie d’incontri tra i massimi rappresentanti
delle rispettive forze armate. Il 7 e l’8 febbraio 2012, il sottocapo di Stato
maggiore israeliano, generale Nimrod Sheffer, ha incontrato a Roma i
responsabili dell’Aeronautica italiana per “approfondire i processi di
trasformazione in atto nelle due aeronautiche, le esperienze maturate nei
rispettivi teatri di operazione e le future attività addestrative”. Il successivo 14 giugno è
stato il comandante delle forze aeree israeliane, generale
Ido Nehushtan, a giungere in Italia in missione ufficiale.
Meeting
e visite di cortesia si sono sommate a tre importanti esercitazioni aeronavali
bilaterali. Le prime due si sono svolte a fine 2011 in Sardegna (nome in codice
Vega) e nel deserto del Negev (Desert Dusk). Durante i war games sono stati
simulati combattimenti aerei tra cacciabombardieri F-15 ed F-16 israeliani ed
“Eurofighter” e “Tornado” italiani; inoltre sono stati eseguiti veri e propri lanci
di missili aria-terra e di bombe a caduta libera. Dal 3 all’8 novembre 2012,
nelle acque prospicienti la città di Haifa, si è tenuta invece la prima
edizione dell’esercitazione Rising Star a cui hanno partecipato
i palombari artificieri del Gruppo operativo subacquei del COMSUBIN (Comando
Subacquei ed Incursori) di La Spezia e i Divers (specialisti sommozzatori) della Marina israeliana.
L’accordo che disciplina la partnership
militare tra Italia e Israele risale a sette anni fa ed è stato ratificato dal
Parlamento italiano il 17 maggio 2005. Nella parte “pubblica” del testo (esisterebbe
infatti un memorandum segreto mai sottoposto alla discussione e al voto dei
parlamentari) si legge in particolare che la “cooperazione” fra i due paesi riguarderà
in particolare “l’industria della difesa, l’importazione, l’esportazione e il transito
di materiali militari, le operazioni
umanitarie, l’organizzazione delle forze armate e la gestione del personale
la formazione e l’addestramento, i servizi medici militari”. Sempre per
l’accordo, le attività si svilupperanno grazie “alle riunioni dei ministri
della Difesa, dei Comandanti in Capo e di altri ufficiali autorizzati, lo scambio
di esperienze fra gli esperti delle due parti, l’organizzazione e l’attuazione
delle attività di addestramento e delle esercitazioni, le visite di navi e
aeromobili militari e ad impianti, lo scambio di informazioni, pubblicazioni e
hardware, la ricerca, lo sviluppo e la produzione di sistemi d’armamento”. “Italia
e Israele si adopereranno al massimo per contribuire, ove richiesto, a
negoziare licenze, royalties ed informazioni tecniche, scambiate con le
rispettive industrie”, recita l’articolo 3 dell’accordo di mutua collaborazione.
E ancora: “Le Parti faciliteranno inoltre la concessione delle licenze di
esportazione necessarie per la presentazione delle offerte o proposte richieste
per dare esecuzione al presente Memorandum”.
Senza troppi giri di parole,
l’import e l’export di sistemi d’arma devono essere l’essenza delle consolidate
relazioni tra Roma e Tel Aviv, in palese violazione della legge italiana che
disciplina il commercio di tecnologie belliche e che vieta le vendite a paesi
belligeranti o i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle
convenzioni internazionali dei diritti umani. Israele riassume in sé tutte le
caratteristiche per dover essere posta al bando dal complesso militare
industriale italiano: le sue forze armate sono sistematicamente impegnate su
più fronti di guerra e dal 1967 occupano ancora buona parte della West Bank. Inoltre
il regime d’apartheid instaurato contro la popolazione palestinese e gli stessi
cittadini israeliani di origine araba è stigmatizzato dalle principali
organizzazioni non governative internazionali. Non ultimo, Tel Aviv non ha mai
firmato il Protocollo di Non
Proliferazione Nucleare e da tempo immemorabile, anche grazie la
collaborazione tecnico-scientifica di Stati Uniti ed Unione europea, a Dimona,
nel deserto del Negev, si costruiscono armi nucleari (secondo gli istituti di
ricerca indipendenti Israele sarebbe già in possesso di più di 200 testate).
Nonostante la riesplosione
della crisi mediorientale, proprio il 2012 ha rappresentato l’anno chiave nei
trasferimenti di sistemi d’arma tra i due paesi. Il 19 luglio, in particolare, il
Ministero della difesa italiano e l’omologo israeliano hanno ratificato la
fornitura alle forze armate israeliane di 30 velivoli da addestramento avanzato
M-346 “Master” prodotti da Alenia Aermacchi. La commessa ha un valore di poco inferiore al miliardo
di dollari ma prevede vantaggiose contropartite per le industrie israeliane. Elbit
Systems, azienda specializzata nella produzione di tecnologie avanzate, svilupperà
il nuovo software che verrà caricato sugli addestratori. Il Virtual Mission Training System (Vmts) “ingannerà
i sensori degli M-346 simulando le funzioni di un moderno radar di scoperta
attiva capace di gestire numerose funzioni tattiche, nonché scelte d’armamento
complesse”, riporta la World Aeronautical
Press Agency. “Utilizzando il software una volta in volo, il pilota in
addestramento potrà esercitarsi in scenari avanzati, quali la guerra
elettronica, la caccia alle installazioni radar e l’uso di sistemi d’arma all’avanguardia”.
Alle future guerre le forze aeree israeliane si addestreranno cioè con il made in Italy.
In
cambio dei caccia, Tel Aviv ha anche imposto che l’aeronautica militare italiana
si doti di due velivoli di pronto allarme “Gulfstream 550” con relativi centri
di comando, controllo e sistemi elettronici, prodotti da Israel
Aerospace Industries (IAI) ed Elta
Systems (costo complessivo, 800 milioni di dollari circa). Selex Elsag,
una controllata di Finmeccanica, s’incaricherà per conto delle aziende israeliane
a fornire ai velivoli i “sottosistemi” di comunicazione e link tattici secondo
gli standard Nato. Le forze armate italiane dovranno pure acquistare un sistema
satellitare elettro-ottico ad alta risoluzione di seconda generazione “Ofeq”, anch’esso di produzione IAI ed Elbit Systems
(245 milioni di dollari). Prime
contractor degli israeliani sarà Telespazio, azienda controllata in parte da
Finmeccanica, che assicurerà entro il 2015 la costruzione del segmento
terrestre, il lancio e la messa in orbita del nuovo sistema satellitare.
Quest’anno, l’Aeronautica
italiana ha pure deciso d’installare sugli elicotteri EH101 e sugli aerei da
trasporto C27J “Spartan” e C130 “Hercules” un nuovo sistema di contromisure a raggi infrarossi, denominato Dircm - Directional infrared countermeasures,
co-prodotto da Elettronica Spa di Roma ed Elbit Systems. Venticinque milioni e mezzo di euro la spesa, con
consegne che saranno fatte entro la fine del 2013. Gli elicotteri d’attacco
AW-129 “Mangusta” di AugustaWestland, in dotazione all’esercito italiano, dal
prossimo anno saranno armati invece con i missili aria-terra a corto raggio
“Spike” prodotti da un’altra importante azienda militare israeliana, Rafael. I missili,
con una gittata tra gli 8 e i 25 km, potranno esseri equipaggiati con tre
differenti tipologie di testata bellica a seconda dell’uso: anticarro,
antifanteria e per la distruzione di bunker. Roma e Tel Aviv puntano infine a
sviluppare congiuntamente nuovi velivoli a pilotaggio remoto UAV (i famigerati
droni) e a cooperare nella produzione e nella “gestione logistica” del nuovo
cacciabombardiere a capacità nucleare F-35, uno dei programmi più costosi della
storia mondiale dell’aviazione da guerra.
Mentre i programmi di riarmo
italo-israeliani sono condivisi e sostenuti da tutte le forze politiche
presenti in Parlamentare, si sta rafforzando tra alcune forze sociali e no war la convinzione che la solidarietà
al popolo palestinese non può essere disgiunta dalla mobilitazione per ottenere
l’embargo militare nei confronti di Israele. Singoli cittadini, associazioni e
comitati di base hanno dato vita alla Campagna
BDS per “il boicottaggio, il disinvestimento e sanzioni nei confronti di
Israele” fino a che esso “non porrà termine all’occupazione e alla
colonizzazione di tutte le terre arabe e smantellerà il Muro; riconoscerà i
diritti fondamentali dei cittadini Arabo-Palestinesi di Israele alla piena
uguaglianza; rispetterà i diritti dei profughi palestinesi al ritorno nelle
loro case e nelle loro proprietà come stabilito nella risoluzione 194 dell’ONU”.
Lo scorso 13 ottobre, di
fronte allo stabilimento Alenia Aermacchi di Venegono-Varese, si è tenuta la manifestazione
nazionale Nessun M346 a Israele per
chiedere la revoca della vendita dei caccia addestratori alle forze armate
israeliane, a cui hanno partecipato, tra gli altri, Pax Christi, la Commissione
Giustizia e Pace dei Missionari Comboniani, Attac, Arci – Servizio Civile,
Assopace e una serie di soggetti che sostengono il popolo palestinese. “Quella di
Varese è stata una manifestazione anche contro lo scellerato accordo del 2005
di cooperazione militare, economica e scientifica tra il nostro Paese ed
Israele”, ha spiegato Elio Pagani per il Comitato promotore. “Un accordo che
non è stato scalfito neppure dall’Operazione
piombo fuso del dicembre 2008 - gennaio 2009, che ha visto Israele colpire
con il suo potere aereo la popolazione palestinese civile inerme (1.400 uccisi,
di cui circa 400 bambini). Un’azione militare brutale, senza giustificazioni,
nella quale sono state usate anche armi sconosciute o già vietate dalle
Convenzioni internazionali (fosforo bianco, bombe D.I.M.E., uranio impoverito)
e nella quale Israele ha commesso crimini di guerra e contro l’umanità”.
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