Aerei senza pilota all’assalto dei cieli della Sicilia occidentale
Disagi
e limitazioni al traffico aereo per tutta l’estate nell’aeroporto di Trapani
Birgi, causa le supersegrete operazioni dei droni schierati a Sigonella dalle
forze armate USA e NATO. Secondo quanto rilevato dall’associazione antimafie “Rita
Atria”, la mattina dell’1 giugno sono state emesse tre notificazioni ai piloti
di aeromobili (NOTAM) in transito dallo scalo trapanese che impongono la
sospensione delle procedure strumentali standard nelle fasi di accesso, partenza
e arrivo degli aerei, dall’1 giugno al 29 agosto 2012. I NOTAM, distinti rispettivamente
con i codici B3990, B3991 e B3992, specificano che le sospensioni sono dovute
all’“attività degli Unmanned Aircraft”,
gli aerei senza pilota utilizzati per le operazioni di spionaggio, guida di attacchi
aerei e lancio di bombe teleguidate e missili.
Proprio
a causa dei pericolosissimi decolli ed atterraggi di Global Hawk, Predator e Reaper nella stazione aeronavale di Sigonella,
dall’8 marzo scorso e fino all’1 settembre anche i piloti in transito dallo
scalo di Catania-Fontanarossa, il terzo come volume passeggeri di tutta Italia,
devono rispettare procedure molto più complesse per evitare il rischio collisione
con i velivoli teleguidati. Forse per i sempre più impetuosi venti di guerra in
Siria e Iran, forse per l’intensificazione dei voli-spia nel Tirreno, in nord
Africa e in Somalia, il pericolo droni si estende ai cieli della Sicilia
occidentale. E lo scalo di Trapani Birgi ne fa le spese.
“C’è bisogno di trovare ed inventare strade per
portare efficacemente davanti all’Alta Corte Costituzionale,
ultimo
presidio a difesa della Democrazia, le leggi
estranee alla natura e cultura della Costituzione,
come quella n.178 del 14 Luglio 2004 che regola
l’uso dei velivoli senza pilota militari nello spazio aereo nazionale”,
commenta l’associazione “Rita Atria”. “Quella legge
anzitutto mente, perché parla di droni che sarebbero di pertinenza delle nostre
forze armate
mentre tali tipi
di armamenti sono gestiti direttamente ed esclusivamente dagli statunitensi. Con questa menzogna i legislatori hanno ritenuto di potersi
sottrarre all’obbligo di concordare parità
di condizioni per poter consentire a limitazioni alla propria sovranità, come recita l’art.
11 della Costituzione. E l’automatica limitazione dell’attività
aerea civile, in aree
impegnate da voli senza pilota, costituisce una insopportabile limitazione di
sovranità ove non sia finalizzata con chiarezza alla costruzione di un ordinamento che assicuri la pace e la
giustizia fra le Nazioni”.
Quello di Trapani Birgi è un aeroporto classificato come
“militare aperto al traffico aereo civile”, così tutti i servizi di assistenza
al volo agli aerei civili che atterrano e decollano dall’aerostazione “Vincenzo
Florio” sono forniti dal personale dell’Aeronautica. La preponderante vocazione
militare dello scalo risale comunque al 1° ottobre 1984, quando per rafforzare
il fianco sud dell’Alleanza
Atlantica, vi fu costituito il 37° Stormo dell’Aeronautica insieme al 18° Gruppo volo dotato di cacciabombardieri
F-104. Successivamente fu insediato anche l’82°
Centro CSAR (Combat Search and Rescue), uno dei reparti del 15° Stormo CSAR di Cervia
(Ravenna) equipaggiato con gli elicotteri HH-3F, con compiti di ricerca e
soccorso degli equipaggi di volo
in difficoltà e di dispersi in mare o in montagna, trasporto sanitario
d’urgenza e soccorso di traumatizzati gravi. Dalla seconda metà degli anni
Ottanta, Trapani Birgi è pure una delle basi
operative avanzate (FOB) degli
aerei-radar E-3A AWACS nell’ambito del programma multinazionale NATO Airborne Early Warning Force per la
sorveglianza integrata dello spazio aereo, il cui comando generale è ospitato a
Geilenkirchen (Germania).
Sino allo scorso 23 maggio, il 18° Gruppo dell’AMI ha operato da
Trapani con i cacciabombardieri F-16 “Fighting Falcon”, ottenuti in
leasing nel giugno 2003 dagli Stati Uniti con il programma Peace Caesar. “Il programma nasceva dalla necessità
dell’Aeronautica di dotarsi di un velivolo caccia in attesa dell’ingresso in
servizio del nuovo Eurofigther 2000 Typhoon”,
spiega in una nota il Ministero della difesa italiano. Peace Caesar prese avvio il 15 marzo 2001 con la firma tra Italia e
Stati Uniti del Foreign Military Sale,
un contratto che prevedeva il pagamento delle sole ore di volo (45.000), fino
al 2010, di 34 caccia F-16 di proprietà US Air Force. Il contratto imponeva
inoltre il coinvolgimento nella manutenzione dei velivoli di personale italiano
e statunitense e l’addestramento di piloti e tecnici dell’Aeronautica presso il
162nd Tactical Fighter Wing dell’Air National Guard a Tucson (USA). Nel 2009 il
programma è stato prorogato sino al primo semestre 2012 e il totale delle ore
di volo è stato esteso a 47.800. Con piena soddisfazione di Washington che ha rafforzato
la sua posizione politica e finanziaria di fronte al partner-cliente italiano.
“Durante
i nove anni di attività in Italia, i caccia F-16 sono stati impiegati
quotidianamente per la difesa dello spazio aereo nazionale”, afferma il
Ministero della difesa. “I velivoli sono stati impiegati pure in occasione dei
grandi eventi svolti in Italia negli ultimi anni come, ad esempio, durante
l’inaugurazione del pontificato di Benedetto XVI (Operazione Jupiter, aprile 2005), in occasione delle olimpiadi
invernali di Torino 2006 e nel 2009 durante l’operazione militare interforze Giotto per il dispositivo di sicurezza
del summit G8 tenutosi a L’Aquila”.
Ancora
più significativi gli interventi bellici dei mezzi e degli uomini del 37°
Stormo di Trapani Birgi. Nel 1986, durante la prima crisi con la Libia, il reparto
ha assicurato la “scorta degli aerei civili diretti nelle isole minori, nonché
la protezione delle navi impegnate nell’area”. Gli F-16 del 18° Gruppo sono
stati poi ampiamente utilizzati durante l’operazione Allied Force in Kosovo nel 1999 e, lo scorso anno, nelle azioni di guerra in Libia, prima sotto il
comando di US Africom (Odyssey Dawn)
e poi della NATO (Unified Protector). Nella prima
fase del conflitto libico, nello specifico, sono stati assegnati al Gruppo di
Trapani i compiti di “protezione e scorta delle missioni di soppressione delle
difese aeree nemiche (SEAD)” e di “offensiva contro-aerea (OCA)”. Successivamente,
sono giunte le missioni di “protezione di assetti di alto valore strategico
(principalmente aerei rifornitori ed aerei radar AWACS), ricerca ed
intercettazione di elicotteri e di aerei a bassa velocità, implementazione
della No Fly Zone, difesa aerea”.
L’aeroporto di Trapani è stato sicuramente quello più
impegnato nelle operazioni di guerra in Libia. Le attività alleate sono
iniziate il 19 marzo 2011 e sono proseguite senza soluzione di continuità fino
al 31 ottobre, anche se alcune componenti aeree sono rimaste operative a Birgi sino
al successivo 14 dicembre, giorno in cui si è
tenuta la cerimonia ufficiale di chiusura dell’operazione Unified Protector. “A Trapani sono confluiti tutti i supporti, uomini e
donne, inviati dagli altri reparti dell’Aeronautica Militare per garantire la
sostenibilità delle operazioni in modo continuo, e per questo è stato
costituito il Task Group Air Birgi,
un’unità dedicata alla gestione delle missioni della componente aerea italiana,
che si è avvalsa del supporto tecnico e logistico del 37° Stormo per la
preparazione e la condotta dei voli”, ricorda il Ministero della difesa. “I servizi
e i supporti sono stati allo stesso modo assicurati anche alle altre componenti
NATO rischierate sulla base e hanno compreso, sette giorni su sette,
ventiquattro ore al giorno, l’assistenza tecnica a terra, il rifornimento di
carburante, il controllo del traffico aereo, il servizio meteorologico, quello
antincendio, l’assistenza sanitaria, il servizio di sicurezza, oltre
all’alloggiamento e il vettovagliamento per tutto il personale presente”.
Nei sette mesi di attività, il Task Group Air Birgi ha
totalizzato quasi 1.700 missioni
per un totale di oltre 6.700 ore di volo operate con gli F-16 del 37° Stormo, i
caccia intercettori Eurofighter del
4° Stormo di Grosseto e del 36° Stormo di Gioia del Colle (Bari), i cacciabombardieri
Tornado IDS del 6° Stormo di Ghedi (Brescia)
ed ECR del 50° Stormo di Piacenza e gli AMX del 32° Stormo di Amendola (Foggia)
e del 51° Stormo di Istrana (Treviso). Nel corso delle operazioni, i velivoli
AMI hanno sganciato in Libia più di 500 tra bombe e missili da crociera a lunga
gittata. Dal Task Group Air Birgi è
dipeso infine l’utilizzo degli aerei senza pilota Predator B schierati nello scalo pugliese di Amendola.
Per tutto il corso del conflitto,
a Trapani sono stati schierati pure sette caccia F-18 Hornet, due velivoli tanker C-150T e due CP-140 Aurora per la guerra elettronica delle
forze armate canadesi, tre velivoli E-3A AWACS della NATO e due AWACS e due aerei
da trasporto VC-10 Vickers dell’aeronautica
britannica. Dallo scalo siciliano sono transitati pure 300 aerei cargo e circa
2.000 tonnellate di materiale a disposizione della coalizione alleata. Stando alle
stime ufficiali, la NATO avrebbe lanciato da Trapani quasi il 14% dei blitz aerei contro obiettivi libici. Un vero primato
di morte.
A causa delle prolungate operazioni
belliche in nord Africa, il traffico civile di Trapani Birgi ha subito una
drastica riduzione. Solo nel mese di maggio 2011, la compagnia aerea low cost Ryanair è stata costretta a
cancellare 72 voli. “Nello stesso mese, la limitazione imposta dallo Stato
Maggiore dell’Aeronautica si è tradotta in un 20% in meno nel traffico
passeggeri e in un 16% in meno nei movimenti dei velivoli”, ha dichiarato AirGest,
la società che gestisce lo scalo. Oltre agli enormi disagi
per i passeggeri, la ipermilitarizzazione di Trapani Birgi dello scorso anno ha
causato il crollo verticale dei profitti delle compagnie aeree e delle presenze
turistiche e pesanti effetti sul fronte occupazionale. I 70 dipendenti a tempo
indeterminato dello scalo hanno rischiato di essere messi in mobilità mentre ad
alcuni dei lavoratori a tempo determinato ed interinali è stato negato il rinnovo
dei contratti. Tagli pure tra il personale adibito ai servizi aeroportuali (bar
e ristorazione, pulizia, noleggio auto, taxi, ecc.). Con i droni USA e NATO perennemente
in rotta sui cieli del trapanese, le condizioni economiche e occupazionali di centinaia
di lavoratori siciliani potrebbero ulteriormente peggiorare.
La Sicilia a quanto pare è diventata una dependance americana (o lo è sempre stata) fra l'utilizzo degli aeroporti di Sigonella e di Birgi e il Muos di NIscemi è stata violata la nostra sovranità nazionale. Ma già dai tempi della guerra fredda e forse dello sbarco alleato nella seconda guerra mondiale accordi espliciti e sotterranei sono stati condotti sia per impedire lo sviluppo del partito comunista italiano (vedi anche la vicenda Gladio) sia per collocare nei gangli del governo regionale esponenti della mafia (italoamericana). In questa chiave occorre anche rivedere i movimenti indipendentisti siciliani che volevano staccare l'isola e metterla sotto il controllo degli Stati Uniti e che hanno poi portato allo statuto dell'Autonomia regionale. Non so se la vicenda del bandito Giuliano possa rientrare anche in questo disegno o fu soltanto un problema nazionale. Il caso Craxi-Sigonella degli anni '80 è stato un altro avvenimento di contrasto e quindi oggi sembra del tutto normale che si debba accettare questa subalternità. La Sicilia al centro del Mediterraneo nella storia greco-romana e federiciana è stata luogo di scontri ma anche di cultura mentre oggi riveste un ruolo di marginalità e di subalternità sia a livello nazionale sia Europeo. E' quindi giusto che si meriti la vendita del suo patrimonio costiero e della sua sovranità aerea e sulle risorse energetiche marine (ricerche petrolifere e altro).
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