Da Vicenza via Aviano i marines verso l’Iraq



Top secret la base di partenza del drone Reaper di US Air Force che ha assassinato Soleimani.
A 48 ore dal raid non è trapelata alcuna informazione sul paese da cui è decollato il veicolo senza pilota che ha sganciato i missili contro il convoglio partito dall’aeroporto della capitale irachena.
L’amministrazione Trump ha imposto il totale silenzio per evitare frizioni con i paesi partner in prima linea nelle operazioni di guerra con droni killer. Il governo italiano ipocritamente ha omesso di informare l’opinione pubblica e il Parlamento del ruolo chiave della base siciliana di Sigonella, da oltre un decennio piattaforma di lancio e centro strategico per le trasmissioni-guida dei veicoli senza pilota Usa.
Altrettanto deprecabile il tentativo di ridimensionare i rischi di eventuali ritorsioni per i militari italiani impegnati nelle missioni in Iraq, Afghanistan, Libano e Corno d’Africa; anche se i vertici delle forze armate hanno ordinato il rafforzamento delle misure di sicurezza e diffidano a pensare a eventuali ridimensionamenti dei contingenti schierati. Eppure, le ipotesi più credibili vedono tra gli scali militari da cui sarebbe partito l’attacco Usa, in particolare Kuwait City e Gibuti, istallazioni dove operano stabilmente reparti italiani.
Inoltre ancora a Gibuti imprese italiane private sono impegnate nelle opere di ampliamento delle piste e degli hangar in cui sono ospitati i Reaper Usa già utilizzati nei mesi scorsi in bombardamenti e omicidi extra giudiziari in Somalia, Yemen e Iraq.
Intanto le prime unità della 173° brigata aviotrasportata dell’esercito Usa di stanza a Vicenza (aeroporto Dal Molin e Camp Ederle) hanno già raggiunto l’Iraq via Aviano, base aerea strategica e nucleare di Us Air Force.
Oggi più che mai le forze politiche e sociali democratiche hanno il dovere di denunciare le gravi responsabilità delle classi politiche dirigenti e dei governi, che hanno concesso al Pentagono titolarità e pieno uso di ampi territori per criminali operazioni di guerra, mai concordate o decise neanche in ambito Nato e che schierano unità italiane all'estero al seguito e - come in Kuwait e Gibuti - di scorta dei moderni guerrieri di mister Trump.


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