L’Etiopia bombarda il Tigray e Roma firma un accordo militare con Addis Abeba
Chissà se adesso che nella regione del Tigray sono iniziati i bombardamenti da parte del governo di Addis Abeba, ci sarà qualcuno in Italia che s’interrogherà sull’opportunità di aver firmato e ratificato in fretta e furia un accordo di cooperazione militare con l’Etiopia.
L’accordo con le autorità
etiopi è stato sottoscritto il 10 aprile 2019 in occasione della visita in
Corno d’Africa dell’allora ministra della Difesa Elisabetta Trenta (M5S) e del Capo
di Stato Maggiore delle forze armate, generale Enzo Vecciarelli. “Si tratta di
un’intesa storica che inaugura una nuova fase delle relazioni bilaterali tra
Italia ed Etiopia”, aveva commentato la ministra subito dopo la firma con la
titolare del dicastero della difesa etiope, Aisha Mohammed. “L’Accordo
istituisce un quadro entro cui sviluppare nuove e maggiori iniziative nel campo
della sicurezza e della difesa in aree di comune interesse quali la formazione;
le operazioni di peace-keeping in cui sia l’Etiopia che l’Italia condividono un
ruolo di leadership; il contrasto al terrorismo ed all’estremismo violento; la
ricerca e lo sviluppo in ambito militare e la collaborazione in materia di
industria della difesa”.
Il 26 giugno 2019 il Consiglio
dei ministri presieduto da Giuseppe Conte, su proposta della ministra Trenta e
dell’allora ministro degli Affari esteri Enzo Moavero Milanesi, approvava il
disegno di legge di ratifica ed esecuzione dell’accordo di cooperazione
militare e una ventina di giorni più tardi lo sottoponeva alle due Camere per
la ratifica. Nonostante l’incalzante emergenza per la diffusione del Covid-19,
la Camera dei deputati varava il testo il 5 febbraio 2020 (relatrice
l’on. Mirella
Emiliozzi di M5S, facente funzioni in una delle sedute l’on. Piero Fassino del
Pd ), mentre il Senato della Repubblica lo approvava in via definitiva lo
scorso 8 luglio (relatore il sen.
Alessandro Alfieri del Pd). La legge è stata pubblicata sulla Gazzetta
Ufficiale del 4 agosto 2020 ed è in vigore dal giorno successivo.
Nella scheda predisposta dall’esecutivo
Conte uno sulle finalità generali
dell’accordo di cooperazione militare Italia-Etiopia (rimasta la stessa anche
dopo il ribaltone politico che ha portato al Conte bis), si enfatizza come il paese africano “sta conoscendo un accelerato ed intenso processo di riforma,
dovuto principalmente al suo nuovo Primo
Ministro Abiy Ahmed, unitamente ad una decisa crescita economica”.
A capo del governo dall’aprile 2018 - aggiunge l’esecutivo - “il nuovo premier
ha inaugurato una nuova fase
politica di riforme e di riconciliazione nazionale, che ha ricevuto un
significativo riconoscimento da
parte della Comunità internazionale con il conferimento ad Abiy Ahmed del Premio Nobel per la pace nel 2019”.
“Apertura democratica e
riformismo economico sono state le linee di politica interna, mentre sul piano regionale
Abiy ha puntato sulla pace con l’Eritrea, sulla distensione dell’area e sul
rafforzamento dei legami con alcuni Paesi del Golfo, i quali hanno fatto
affluire ingenti capitali nel Corno d’Africa negli ultimi anni”, prosegue la
scheda che accompagna la proposta di ratifica dell’accordo militare. “Il Primo
Ministro ha varato negli ultimi mesi alcuni provvedimenti per superare le
tensioni nel rapporto con alcuni gruppi etiopi di opposizione, anche armata, al
governo di Addis Abeba, legati in passato ad Asmara. Ne sono testimonianza i
decreti di liberazione di alcuni prigionieri politici; l’eliminazione della
formazione para-militare Ginbot 7 e dell’Ogaden National Liberation
Front dalla lista delle organizzazioni terroriste; la firma dell’accordo di
pace con l’Oromo Liberation Front, che per anni ha condotto azioni di
sabotaggio ai danni del Governo etiope godendo della protezione di Asmara, e
con l’Amhara Democratic Front”.
Ciliegina sulla torta, le
“eccellenti” relazioni economiche bilaterali. “L’Italia figura fra i primi partner commerciali dell’Etiopia: è
l’8° fornitore a livello mondiale e il 1° a livello europeo nei
primi 7 mesi del 2018”, concludono Conte & C. “Alcune delle maggiori imprese
italiane sono coinvolte nell’opera di modernizzazione del Paese. Per l’export
italiano, l’Etiopia costituisce il 4° mercato di destinazione nell’Africa sub-sahariana”.
Sarebbe però bastata
un’occhiata ai più recenti report delle organizzazioni non governative
internazionali in difesa dei diritti umani per rendersi conto che il quadro
prefigurato dalle autorità italiane per giustificare la partnership militare
con Addid Abeba era sin troppo enfatico non del tutto veritiero. Nel dossier 2020
di Amnesty International, ad esempio, l’Etiopia compare tra i paesi africani in
cui “continuano numerosi gli attacchi da parte di gruppi armati e dalla
violenza comune che causano morti, ferimenti e spostamenti forzati della
popolazione”.
“Le risposte da parte delle
forze di sicurezza sono state marcate da violazioni dei diritti umani molto
diffuse e da crimini secondo le leggi internazionali”, riporta Amnesty. “E’
stato documentato un aumento della violenza etnica che ha condotto a migliaia
di morti in tutto il paese e le forze di sicurezza hanno fallito nel loro
compito di difesa e protezione della popolazione. Queste ultime, inoltre,
specie i membri della polizia regionale e della milizia amministrativa locale,
hanno avuto un ruolo attivo, schierandosi con i gruppi etnici d’appartenenza
coinvolti nella violenza generale (…) In Etiopia, il governo non ha ancora condotto
inchieste approfondite e imparziali sugli abusi degli attori non statali e delle
forze di sicurezza – compresi gli assassinii di manifestanti e i numerosi casi
di tortura e altri maltrattamenti nelle
prigioni”.
Ma cosa prevede l’accordo di
cooperazione militare con l’Etiopia approvato dai disattenti parlamentari
italiani? Il testo si apre con un preambolo dove le parti spiegano di voler “consolidare
le rispettive capacità difensive” ed “indurre indiretti effetti positivi in
alcuni settori produttivi e commerciali di entrambi i Paesi”. Tredici sono
invece gli articoli che compongono l’accordo che avrà una durata di cinque anni, “automaticamente
rinnovabili per ulteriori periodi di pari durata, sino a quando una delle Parti
non decida, in qualunque momento, di denunciarlo, con effetto a 90 giorni”.
All’articolo 3, in particolare, si enumerano le materie della
cooperazione: difesa e sicurezza; formazione, addestramento e assistenza
tecnica; ricerca e sviluppo in ambito militare e supporto logistico; operazioni di supporto alla pace. All’articolo
4 si specificano invece le modalità con
cui si espleterà la partnership tra le forze armate italiane e quelle del paese
africano: scambi di visite e di esperienze; partecipazione a corsi,
conferenze, studi, fasi di apprendistato e addestramento presso istituti di
formazione militari; promozione dei servizi di sanità, compresa la ricerca
medica; supporto ad iniziative commerciali relative ai prodotti e ai servizi
connessi alle questioni della difesa; ecc..
E’ ovviamente al
trasferimento di sistemi d’arma e apparecchiature belliche che si guarda con
particolare attenzione. Così all’art. 9 viene auspita la promozione di “iniziative
commerciali finalizzate a razionalizzare il controllo sui prodotti ad uso
militare” attraverso la “ricerca scientifica, lo scambio di esperienze nel
settore tecnico, l’approvvigionamento di equipaggiamento militare”.
L’Etiopia torna così ad
essere, ottant’anni dopo la disastrosa disavventura coloniale del fascismo,
meta del complesso militare-industriale di casa nostra. Sono gli stessi
proponenti della legge di ratifica dell’accordo a sottolinearlo nella scheda
tecnica presentata alle due Camere. “L’entrata in vigore dell’Accordo – si
sottolinea - consentirà al Ministero della difesa, d’intesa con il Ministero
degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di svolgere attività
di supporto in favore del Governo etiope in relazione all’eventuale acquisizione
da parte dello stesso di materiali per la difesa prodotti dall’industria
nazionale, nel rigoroso rispetto dei princìpi, delle norme e delle procedure in
materia di esportazione di materiali d’armamento di cui alla legge 9 luglio
1990, n. 185, sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei
materiali di armamento”.
Un accordo tra Italia ed
Etiopia sulla cooperazione nel settore della difesa era stato firmato a Roma il
12 marzo 1998 dall’allora ministro Beniamino Andreatta e dal generale Gebre
Tsadkan, viceministro della difesa e Capo di Stato maggiore delle forze armate
etiopi. Esso però non entrò in vigore perché non venne avviato il relativo iter
parlamentare di ratifica per il sopraggiunto conflitto tra Etiopia ed Eritrea e
il conseguente embargo disposto
dal Consiglio di sicurezza dell’ONU sulla vendita e la fornitura di armi e
materiale militare ai due Paesi belligeranti.
L’embargo fu revocato nel 2001 quando Eritrea ed Etiopia firmarono
un accordo di cessazione delle ostilità. Ci sono volute due
decadi perché a Roma si tornasse a puntare sugli affari armati con Addis Abeba.
Articolo pubblicato in Africa ExPress il 7 novembre 2020, https://www.africa-express.info/2020/11/07/letiopia-bombarda-il-tigray-e-e-roma-firma-un-accordo-militare-con-addis-abeba/
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