Mare Monstrum, guerra ai migranti nel Mediterraneo
Nel Mediterraneo l’Italia fa
la guerra ai migranti. Non dichiarata, certo, ma di guerra indubbiamente si
tratta. Perché le strategie, gli attori, gli strumenti, le alleanze e le modalità
d’intervento sono quelli di tutte le guerre. E causano morte. Morti, tanti
morti.
Qualcuno ha storto il muso
per il nome, Operazione Mare Nostrum. Si è detto che
c’era una caduta di stile, un voler scimmiottare i fausti dell’impero romano. In
verità esso risponde perfettamente al senso e agli obiettivi della messinscena ipermuscolare
delle forze armate italiane. Il Mediterraneo, per la Fortezza Europa, non è né
deve essere un mare di mezzo. Non è il luogo dei contatti, delle
contaminazioni, delle solidarietà, delle trasformazioni. Né un ponte di
intercultura e pace. È invece il lago-frontiera, noi qua, loro là, un muro d’acqua
invalicabile, dove vige la regola del più forte e del più armato. Un’area
marittima di conflitti, stragi, naufragi causati, respingimenti, riconsegne e deportazioni
manu militari. A chi scampa ai marosi e ai mitragliamenti delle unità navali nordafricane
(pagate con i soldi italiani) spetta l’umiliazione delle schedature, delle foto
segnalazioni e degli interrogatori a bordo di fregate lanciamissili e navi anfibie
e da sbarco. Poi un trasbordo, un altro trasbordo ancora, le soste
interminabili su una banchina di un porto siciliano, il tragitto su bus e pulmini
super scortati da poliziotti e carabinieri sino alla detenzione illimitata in
un centrodiprimaccoglienza-CIE-CARA, un non luogo per non persone, dove
annientare identità, memoria, speranze.
L’Operazione Mare Mostrum fu annunciata dal ministro Mario Mauro dopo
la strage del 3 ottobre, quando a poche miglia da Lampedusa annegarono 364 tra
donne, uomini e bambini provenienti dal continente africano e dal Medio
oriente. Anche stavolta però l’incidente
fu un mero casus belli. La nuova crociata contro chi fugge dalle ingiustizie,
lo sfruttamento, gli ecocidi, era stata preparata infatti da mesi in tutti i
suoi dettagli. Governo e Stato maggiore hanno rispolverato ad hoc l’armamentario
linguistico delle ultime decadi: operazione
militare e umanitaria, l’hanno ipocritamente definita, perché le guerre non
devono mai essere chiamate con il loro nome per non turbare l’opinione pubblica
e la Costituzione. “Si prevede il rafforzamento del dispositivo italiano di
sorveglianza e soccorso in alto mare già presente, finalizzato ad incrementare
il livello di sicurezza della vita umana ed il controllo dei flussi migratori”,
recita il comunicato ufficiale di Letta & ministri bipartisan. Un contorto
giro di parole per mescolare intenti solidaristici a logiche sicuritarie e
repressive, dove volutamente restano vaghi i compiti e le istruzioni
date ai militari. Niente regole d’ingaggio, perché si possa di volta in volta sperimentare
in mare se e come intervenire, se e come soccorrere, se e come allontanare,
respingere o scortare a quei “porti sicuri” che il ministro Alfano ritiene
esistano pure nella Libia dilaniata dalla guerra civile.
In compenso però, in nome
del Sistema Italia, non si contano le
veline per descrivere in tutti i loro dettagli i dispositivi e le capacità
tecniche dei mezzi impiegati per pattugliare il Mediterraneo. Anche perché, Mare Mostrum, è la migliore vetrina del
complesso militare-industriale-finanziario di casa nostra: aerei, elicotteri, missili,
unità navali, sommergibili, cannoni che aspiriamo a vendere ai paesi NATO e ai regimi
partner della sponda sud mediterranea. Sistemi d’arma che nulla hanno a che
fare con quello che in linguaggio militare si chiama “SAR – Search and Rescue”,
ricerca e soccorso in mare, ma che invece delineano un modello di proiezione
avanzata, aggressiva, di vera e propria penetrazione sino a dentro i confini degli
stati nordafricani. Se si vogliono “arrestare i flussi migratori”, come spiegano
generali, ammiragli, politici di governo e opinion
maker embedded, bisogna impedire infatti a profughi e migranti di
raggiungere le coste e le città portuali. Bloccarli nel deserto, detenerli nei lager
del deserto e far fare il gioco sporco alle nuove polizie di frontiera che i Carabinieri
armano e addestrano in Libia e nelle caserme in Veneto, Lazio, Toscana. Per
intercettare e inseguire i rifugiati e i
migranti in transito nel Sahara abbiamo attivato i famigerati “Predator”, aerei
senza pilota in grado di volare per decine di ore in qualsiasi condizione meteorologica.
L’emblema della spersonalizzazione e della disumanizzazione delle guerre del
XXI secolo, automi che spiano e sterminano persone senza il controllo umano.
Vittime invisibili che devono restare invisibili. Non persone contro non
persone.
Come tutte le guerre, quella ai migranti dilapida ingenti
risorse finanziarie. Fonti di
stampa filogovernative hanno previsto per l’Operazione
Mare Nostrum-Mostrum un onere finanziario di circa 4 milioni di euro al
mese ma, conti alla mano, la spesa potrebbe essere più che doppia. Il Sole 24 Ore ha preso a riferimento le “tabelle
di onerosità” sul costo orario delle missioni delle unità navali, degli aerei e
degli elicotteri impegnati nel Canale di Sicilia. Aggiungendo le indennità
d’imbarco dei circa 800 marinai delle unità navali coinvolte (il personale
militare destinato al “contenimento” delle migrazioni è però di non meno di
1.500 uomini), il quotidiano di Confindustria ha calcolato una spesa media
giornaliera di 300 mila euro, cioè 9 milioni al mese a cui vanno aggiunti 1,5
milioni di euro per le unità costiere già in azione da tempo: totale 10,5
milioni. La rivista specializzata Analisi
Difesa ritiene invece che la spesa complessiva sfiorerà i 12 milioni al
mese. Dato che il governo non ha previsto stanziamenti aggiuntivi sul capitolo “difesa”,
è presumibile che il denaro per alimentare la macchina militare anti-migranti
sarà prelevato dal fondo straordinario di 190 milioni di euro messo a disposizione per far fronte alla nuova emergenza immigrazione. Come dire che da qui alla fine dell’anno
bruceremo in gasolio e pattugliamenti aeronavali il 20% di quanto è stato
destinato per “sostenere”, “soccorrere” ed “accogliere”. In perfetto stile shock
economy, dopo le armi e le guerre arriva la ricostruzione:
lager e tendopoli dove stipare corpi a cui abbiamo rubato l’anima, la cui malagestione
è affidata alla misericordia di cooperative, Onlus e associazioni del privato
sociale. A loro va l’altra metà del business migranti: un affaire di milioni e
milioni di euro dove la dignità dell’uomo vale meno di nulla.
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